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Ue, Di Maio: “Finora solidarietà insufficiente”. Mef, Misiani (Pd): “L’Italia non userà il Mes”

Il ministro degli Esteri scrive una lettera al Financial Times per rivolgersi all'Unione Europea: "Non possiamo rivolgerci all’individualismo ora che i nostri destini sono così strettamente legati". E cita Robert Schuman. Intanto dal governo viene ribadita la linea. Il ministro Patuanelli chiede a Germania e Olanda di "cambiare le regole", mentre il senatore Pd conferma a Mattino 5: "L'Italia non userà il Mes". Poi aggiunge: "Il decreto aprile sarà molto consistente"

Nel dibattito interno all’Unione europea sugli strumenti da mettere in campo per affrontare la crisi dovuta al coronavirus, “l’individualismo” deve restare da parte. Nel giorno di Pasquetta, il ministro degli Esteri Luigi Di Maio scrive una lettera al Financial Times, rivolgendosi direttamente agli altri Paesi dell’Ue: “L’orgoglio e il patriottismo che ciascun governo ha per il proprio Paese sono sentimenti nobili e legittimi. Tuttavia, non dobbiamo correre il rischio di farci intrappolare da loro”, si legge. Una lettera senza strappi, senza entrare nei dettagli della trattativa in corso a Bruxelles, in sintonia con il “giochiamo di squadra” chiesto dal premier Giuseppe Conte e rilanciato dallo stesso Di Maio anche in un post su Facebook. La linea del governo al momento pare reggere: l’Italia non vuole fare ricorso al fondo salva-Stati, “Il Mes non lo utilizzeremo“, ha detto a Mattino 5 il viceministro all’Economia, il dem Antonio Misiani. Parole già ribadite più volte dal premier, anche nella nota conferenza stampa del 10 aprile in cui ha confermato che l’obiettivo sono gli Eurobond. Per arrivarci, l’unica strada è il fondo per la ripresa inserito nell’accordo dell’Eurogruppo, che per Francia e Italia dovrà essere finanziato da bond comuni.

La lettera di Di Maio al Ft – “Non possiamo rivolgerci all’individualismo, specialmente ora che i nostri destini sono così strettamente legati – aggiunge Di Maio – significherebbe rinunciare alla nostra forza. Sarebbe incomprensibile per il mondo, i cui occhi sono ora su di noi“. Per il ministro degli Esteri, “ora è il momento di unirci, per combattere insieme e riflettere. Riflettere sul futuro dell’Unione, su ciò che vogliamo, sulle nostre ambizioni”. Per il ministro M5s infatti “l’Europa finora non ha mostrato sufficiente solidarietà“, perché “non è stata in grado di giocare come una squadra, né si è mostrata incline a farlo. Egoismo e personalismi sono emersi; ci sono perfino stati scontri tra quotidiani in Paesi differenti”. Per Di Maio si tratta “francamente di una immagine triste, che dovrebbe essere motivo di riflessione, non solo per tutti gli italiani, ma per tutti i cittadini europei“.

Per arrivare all’obiettivo auspicato dall’Italia, serve che cadano i veti dei Paesi del Nord. In questo senso si può leggere la lettera al Ft del ministro Di Maio. “Ora come mai, l’Europa sta affrontando una sfida cruciale per il suo futuro, una sfida che non ha precedenti nella storia della Ue e che segnerà inevitabilmente il nostro cammino e la nostra comunità e sarà ricordata nei libri di storia“, scrive ancora il ministro degli Esteri. Di Maio ribadisce che “le discussioni che stanno avendo luogo ora attorno ai tavoli Ue devono salvaguardare tutto quanto è stato costruito finora”. “Oggi non possiamo più eludere certe domande: che Europa siamo? Dopo più di 60 anni dalla nascita dell’Ue cosa siamo diventati?”, sono gli interrogativi che Di Maio nella lettera inviata al Financial Times, ricordando che “nella sua dichiarazione del 9 maggio 1950, quando le nazioni europee cercavano ancora di risollevarsi dalle conseguenze devastanti della Seconda guerra mondiale, Robert Schuman disse, testualmente: ‘L’Europa non potrà farsi in una sola volta, né sarà costruita tutta insieme; essa sorgerà da realizzazioni concrete che creino anzitutto una solidarietà di fatto‘. Bene, dov’è oggi questa solidarietà? Quale valore vogliamo attribuirgli?”.

Patuanelli a Germania e Olanda: “Cambiare regole” – A fare “nomi e cognomi” ci pensa il suo compagno di partito, il ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli: “La sfida epocale che stiamo vivendo ci ricorda che l’Europa ha bisogno di fare quel salto culturale che la proietti, concretamente, verso un nuovo paradigma sociale ed economico che metta al centro solidarietà e senso di comunità. L’Italia è pronta a questa sfida”, ha scritto su Fb Patuanelli, sottolineando che “tutti i Paesi europei, anche quelli del nord Europa come Germania o Olanda devono rendersi conto che bisogna cambiare le regole e fare quel salto culturale”.

Misiani: “No al Mes. Useremo i soldi di Sure e Bei” – Intanto da Misiani è arrivata un’altra conferma che l’Italia non vuole fare ricorso al Mes. Significativa perché pronunciata da un senatore del Partito democratico, ovvero l’anima della maggioranza meno contraria a un utilizzo della nuova linea di credito senza condizioni per le spese sanitarie prevista dall’ultima intesa raggiunta all’Eurogruppo. Misiani ha chiarito che l’Italia è intenzionata a beneficiare degli altri due strumenti previsti dall’accordo tra i ministri dell’Economia europei: “Utilizzeremo il programma per la cassa integrazione europea”, ovvero i 100 miliardi di euro del nuovo fondo Sure, ha spiegato il viceministro. Ma anche “i 200 miliardi della Banca europea degli investimenti” destinati alle imprese e “le altre possibilità che le istituzioni europee hanno deciso in queste settimane”, come l’allentamento delle regole sugli aiuti di Stato, che permette garanzie fino al 100% attivate con l’ultimo decreto sulla liquidità delle imprese.

Il dibattito sul Mes – Le nuove Pandemic credit line previste dall’intesa dell’Eurogruppo all’interno del Mes si fermano al 2% del pil del Paese richiedente e restano basate “sulle linee di credito a condizionalità rafforzata Eccl esistenti”, come si legge nel comunicato finale. L’unico requisito sarà che il Paese che ne chiede l’attivazione si impegni a usarle per spese sanitarie. Tuttavia, dopo la crisi, “i Paesi membri resteranno impegnati a rafforzare i fondamentali economici e finanziari”. A Roma verrebbero garantiti 36 miliardi di euro per le spese sanitarie senza condizionalità. Oltre alle opposizioni, anche il M5s è contrario a prescindere al ricorso al fondo salva-Stati. C’è però anche chi chiede una riflessione: “Troverei irresponsabile da parte del governo rinunciare ai miliardi del Mes da spendere (bene) per gli effetti diretti e indiretti del coronavirus”, dichiara il segretario di Più Europa, Benedetto Della Vedova.

Melone: “Preoccupa offensiva contro l’Italia” – Nonostante sia stata ribadita la volontà del governo di non fare ricorso al Mes, la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni, su Facebook, torna all’attacco: “Anche se l’attuale maggioranza volesse, in buona fede, non accedere mai al Mes potrebbe facilmente essere costretta a farlo – sostiene Meloni – con semplici operazioni a livello europeo: allentamento del ‘bazooka’ della Bce o inadeguatezza del teorizzato ‘Fondo per la ripresa’”. “La preoccupazione di molti, non solo nel centrodestra, è che qualcuno in Europa stia gettando le basi per una offensiva alla nostra Nazione, per finire l’opera di saccheggio iniziata con il golpe finanziario del 2011″, scrive ancora la leader di Fratelli d’Italia.

Il decreto aprile – La prossima norma anti-coronavirus in arrivo è invece il decreto di aprile con i nuovi aiuti economici. “Parte del fabbisogno”, ha spiegato Misiani sempre a Mattino 5, sarà coperto “con i fondi europei che sono stati svincolati: si tratta di fondi comunitari della programmazione del bilancio europeo, 10-11 miliardi che grazie a una decisione di qualche settimana fa potremo svincolare e riutilizzare per l’emergenza sanitaria“. “Poi – ha aggiunto il viceministro – dovremo fare comunque ulteriore deficit“. Il senatore Pd chiarisce quindi che “chiederemo uno scostamento molto consistente al Parlamento: il prossimo decreto sarà molto consistente, più del decreto di marzo“.

La Fase 2 – A Mattino 5 Misiani ha parlato anche dei prossimi passi verso la Fase 2: “È evidente che dovremo convivere con il virus ancora a lungo e la riapertura delle attività dovrà essere graduale e correlata al grado di rischio: prima le attività economiche, sociali e civili con un basso grado di rischio, successivamente le altre tenendo conto dei dati epidemiologici”, ha detto il viceministro, sottolineando che “il dato più significativo è quello dei posti in terapia intensiva, è quello più affidabile che dice che le misure stanno funzionando e che i sacrifici stanno portando risultati”.

La task force – Proprio per abbassare al minimo i rischio di un nuovo boom di contagi, il governo ha istituito una task force con il compito di progettare la fase di convivenza con il virus. Il suo compito, ha spiegato Misiani, sarà “dare preziose indicazioni a governo e parlamento non solo sulle tempistiche ma anche sull’organizzazione”: questione “cruciale la disponibilità dei dispositivi di protezione” come le mascherine, per la quale sta procedendo la riconversione per la produzione interna. Con una riapertura “in blocco non saremmo in condizione di garantire sicurezza a tutti”, ha concluso il viceministro.