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Coronavirus Uk, ora Johnson ha ceduto ma cosa succederà quando chiederà aiuti all’Europa?

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di Andrea Giannotti, ricercatore universitario

Da qualche ora BoJo ha dichiarato il lockdown in UK per fronteggiare la crisi dovuta al Covid-19. I numeri, per il Regno Unito, non sono ancora drammatici come nel resto del mondo (6.650 infetti e 335 decessi), ma lo sono se consideriamo le condizioni dell’Nhs: un servizio sanitario nazionale che, oltre a spendere più di quel che guadagna (571mln di sterline di deficit al 2018/19), ha visto nel corso dei governi a traino conservatore pesanti tagli economici.

Infatti se noi italiani lamentiamo (NB: ci lamentiamo solo adesso in coro, perché avevamo bisogno di una pandemia del genere per svegliare le invocazioni popolari a difesa della sanità pubblica nazionale) un taglio di 37mld di euro in 10 anni, l’UK ha contribuito con un misero 1,6% annuo in più di spesa sanitaria pubblica (soltanto le gestioni laburiste di Blair e Brown sono andate oltre il 5% dell’annuale spesa sanitaria pubblica) nello stesso arco di tempo e ha definanziato (con la May) l’Nhs di 17mld di sterline (oltre ad aver contribuito a moltissime privatizzazioni).

Saranno in grado gli esigui (4.000) posti in terapia intensiva negli ospedali UK (al 2017, 2.1 posti letto ogni 1.000 abitanti) di fronteggiare una situazione simile a quella italiana? Tutto è in mano agli eroi (come i nostri) degli ospedali inglesi. Perlomeno i Brexiters si sono resi conto che il 14% del loro personale sanitario ed il 26% del loro staff medico è overseas e pare (speriamo) che non saranno loro applicati tagli di vario tipo (economico-finanziari e lavorativi), una volta che le regolamentazioni della Brexit saranno chiare e definitive in tutto e per tutto (molte cose infatti sono ancora in sospeso).

Ad ogni modo, non contenti (o non consapevoli?) di avere un sistema sanitario nazionale che si regge su due fiammiferi fini fini, BoJo ha prima trascurato il problema sulla scia del suo anti-solidale archetipo americano che contemporaneamente dichiarava che “il virus è un’invenzione del Partito Democratico”; poi ha gridato – su consiglio del fidato Chief Medical Officer – alla strategia dell’immunità di gregge: una volta fatti infettare 60mln di cittadini, si sarebbe formato una sorta di scudo immunitario che avrebbe sconfitto il virus (il prezzo da pagare sarebbe stato solo di 600mila decessi).

Nonostante qualche dichiarazione sparuta (o sparata) di pseudo-medici britannici (Christian Jessen: “In Italia il virus è solo una scusa per fare un po’ di siesta”) e del consigliere scientifico Sir Patrick Vallance (“20.000 morti sarebbe un buon risultato”), prima lo studio di Neil Ferguson e dell’Imperial College London – che prevedeva 250mila morti in assenza di quarantene e isolamenti – e poi la situazione europea drammatica al 23/03 hanno finalmente spinto BoJo a chiudere ogni cosa come il resto d’Europa. Si è distinto però – da buon nazionalista amante delle distanze – per una misura che avrà sicuramente effetto: due metri di distanza anziché uno!

Se la chiusura graduale/attendista di BoJo avrà i suoi effetti, sarà tutto da vedere: resta il fatto che di grande aiuto sarà stata quella parte internazionale della popolazione in UK che – non ragionando come il pescatore inglese medio che vota (legittimamente eh, questo è il gioco della democrazia) Brexit senza sapere cosa è l’Ue – si è informata, cautelata e ha provveduto a chiudere (o limitare) le proprie attività con largo anticipo. Penso solo alle Università: la mia Durham University è stata orgogliosamente tra le primissime a muoversi in tal senso.

E quando e se l’UK avrà bisogno dei fondi di emergenza europei o, semplicemente, di (veritieri?) aiuti economici dall’Unione, tramite MES, BCE, UE, emissione di Coronabond, sospensione del PdS e chi più ne ha più ne metta, anche se non più applicabili all’UK, c’è il rischio che BoJo riceva una tanto grassa quanto macabra risata in risposta. An eye for an eye?

Una cosa possiamo augurarci: che la Regina Elisabetta sopravviva anche a questo.

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