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Coronavirus, oggi non ho partecipato al voto alla Camera. Ma ne sono felice, ho fatto la mia parte

Oggi non ho partecipato alla votazione alla Camera sullo sforamento del deficit per far fronte all’emergenza del coronavirus. Un voto fondamentale per il Paese. Questo è un momento che non è esagerato definire storico, e mancare fisicamente mi è pesato tanto. La motivazione per cui non c’ero però, è altrettanto importante.

Essere un parlamentare è un onore immenso, ma anche una responsabilità grandissima. Con ogni singolo voto, si può cambiare in meglio la vita di tante persone. Per questo, ho cercato di essere presente a più votazioni possibili. Anzi, a dire il vero fino a oggi non ne ho mancata neppure una delle oltre 5600 tenute nell’aula di Montecitorio. Chi mi conosce sa che sono un malato cronico. E, come si intuisce dei miei interventi pubblici, ho qualche difficoltà respiratoria, perché ogni tanto mi scappa un colpetto di tosse.

Appartengo a quelle categorie di persone che non possono correre alcun rischio. Sapendo questo, i miei colleghi portavoce alla Camera sono stati splendidi. È stato deciso di far partecipare a questo voto solo una parte dei deputati, 350 per la precisione, in modo che le persone come me, che sono più vulnerabili della popolazione generale, potessero rimanere a casa. Questo non solo per proteggere me, ma soprattutto per evitare che, nel caso in cui mi ammalassi, si possa occupare un posto in terapia intensiva come conseguenza della mia decisione di compiere un atto, per quanto fondamentale per la nostra Repubblica, non strettamente necessario.

Vorrei ringraziare gli uffici della Camera e anche l’opposizione perché in questo caso tutti hanno dimostrato disponibilità e grande senso di responsabilità. Il coronavirus non è un mostro che ci uccide solo se ci tocca: non a caso buona parte delle persone ha dei sintomi che non hanno bisogno di assistenza medica. Però, è bene ribadire fortemente che non è neppure una banale influenza: fino al 10% delle persone colpite potrebbe aver bisogno delle terapie intensive.

Questo è il problema: vogliamo dare a tutti le cure mantenendo il più alto standard possibile, e questo diventerebbe complesso se per ipotesi un milione di persone si ammalasse d’un colpo e avesse bisogno della terapia intensiva. Se, poi, è vero che la maggior parte delle persone in ospedale ha un’età avanzata, è altrettanto vero che il virus colpisce in tutte le fasce d’età, dunque ciascuno di noi può essere contagiato e contagiare.

Saturare la terapia intensiva significherebbe che anche banali interventi già programmati, o il soccorso di chi è stato vittima di un incidente stradale potrebbe trovare difficoltà nell’assistenza. Medici e infermieri sono già allo stremo, stanno combattendo una battaglia campale facendo ricorso a tutte le loro forze e la loro professionalità. Il modo migliore per aiutarli, per noi, è quello di stare a casa e ridurre al minimo l’esposizione al possibile contagio. Per questo dobbiamo seguire con rigore le misure messe in atto da nostro governo.

In questi giorni, sono tante le persone che mi hanno chiamato preoccupate per la propria situazione economica. Persone già oggi alle prese con l’incertezza su come pagare mutui e bollette. Con il voto di oggi, il Parlamento autorizza il governo a sforare sul deficit programmato e a mettere in campo ben 25 miliardi di euro. Questi soldi serviranno proprio ad aiutare le persone che stanno passando un momento di difficoltà, inclusi i lavoratori autonomi. Però, adesso è il momento della responsabilità da parte di tutti.

Corea e Cina sono riuscite ad uscire dall’emergenza utilizzando la quarantena. La situazione è sotto controllo nel comune di Vo’. Ieri a Codogno non si è registrato neppure un nuovo caso di contagio. La quarantena funziona, e come riportato in un recente articolo che ho scritto con la collaborazione del professor Guido Silvestri, ci sono buone probabilità, seppure non la certezza, che la diffusione del virus rallenti spontaneamente durante la stagione calda.

Questo però accadrà se tutti adotteremo comportamenti responsabili. Più seguiremo le misure prescritte, prima ne verremo fuori e più contenute saranno le perdite che ne deriveranno, innanzitutto in termini di vite e poi in termini di perdite economiche. Anche solo dare agli ospedali del Sud qualche giorno in più per prepararsi aiuta i medici a salvare delle vite. Dobbiamo tutti rinunciare ad alcune delle nostre abitudini per il bene comune. Ecco perché sono felice di aver rinunciato a quel voto fondamentale oggi. Perché facendo tutti la nostra parte, come ha scritto mio figlio su un disegno da appendere alla finestra, “andrà tutto bene”.