Società

Ivo Cilesi, il coronavirus si è portato via un eroe del nostro tempo. Ma la sua doll therapy resterà

Quando studiavo all’università malattie dell’apparato respiratorio il professore di quella branca, che allora si chiamava ancora Tisiologia, ci raccontò che quando lui era giovane studiare le malattie respiratorie era una professione ad alto rischio. Capitava che ti ammalavi di tubercolosi e potevi morire. Mi ricordo che ai miei occhi di giovane studente di Medicina l’idea che si potesse morire per il proprio lavoro di operatore sanitario mi pareva strana, un poco da romanzo e da eroe.

Un eroe dei nostri tempi è stato il dottor Ivo Cilesi, pedagogista di estrazione, che nel corso della sua vita si è dedicato alla cura dei malati affetti da demenza. In particolare ha studiato e sviluppato cure per il trattamento comportamentale, da associare a quello farmacologico, dei deterioramenti mentali più gravi.

Nelle fasi iniziali di tali patologie i pazienti presentano segni, a volte difficili da interpretare, come disturbi del sonno, apatia, aggressività, depressione alternata ad agitazione. Il collega ha studiato e applicato assieme al dottor Gary Mitchell la terapia della bambola (“doll therapy”): si tratta dell’utilizzo di un bambolotto come oggetto transazionale nell’anziano. L’oggetto transazionale tipico dell’età infantile, ben esemplificato e rappresentato dalla coperta di Linus, è un oggetto tipo bambolotto, copertina, straccetto o altro che il bimbo utilizza durante lo sviluppo come sostituto materno. Nella fase del necessario distacco dalla figura materna ciuccia, tocca e odora questo oggetto che rappresenta la mamma.

La scelta dell’oggetto è peculiare del bimbo ma di solito cade su un oggetto presente nelle effusioni che ha avuto con lei in precedenza nelle primissime fasi della vita. In questo modo il bambino transita da un attaccamento totalizzante alla figura materna a un attaccamento più distaccato in cui la mamma può allontanarsi, senza che lui pianga a dirotto. L’oggetto orsacchiotto, bambola o copertina permette questa transizione e funge per qualche tempo come sostituto materno che permette ad esempio l’addormentamento.

Mitchell e Cilesi hanno utilizzato la teoria dell’attaccamento di Bowlby per ipotizzare anche nell’anziano in fase di demenza la necessità di un oggetto transazionale che fungesse da sostituto del senso di sicurezza che forniva prima la coscienza. In un momento in cui la propria mente non riesce a reggere, presumibilmente, ci si sente persi e soprattutto nella prima fase si reagisce con rabbia, sconforto, aggressività. Trovare un oggetto transazionale cui aggrapparsi è utile a ridurre lo stato di ansia e a permettere un rallentamento del deterioramento cognitivo.

Le tecniche per inserire tali oggetti sono varie e devono trovare una necessaria personalizzazione a seconda del paziente. Soprattutto coloro che accudiscono gli anziani (caregiver) dovrebbero studiare o essere introdotti attraverso corsi appositi o lezioni individuali all’utilizzo dell’oggetto transazionale per ridurre i sintomi del malato ma anche per poter affrontare meglio la difficoltà del loro ruolo. Sappiamo infatti che spesso si sviluppa una patologia dei caregiver che può sfociare in stati di alterazione psicologica piuttosto intensi e disturbanti con richiesta di cura. Per non arrivare a questi punti, accanto ai trattamenti medici, sarebbe opportuno un approccio integrato che introduca trattamenti comportamentali come la doll therapy.

Morire compiendo il proprio lavoro di terapeuta, mentre si accudiscono le persone più deboli è sicuramente da eroi del nostro tempo. Il coronavirus, forse assieme ad altre patologie pregresse, ha portato via questo mio coetaneo 61enne in breve tempo. Rimangono i suoi studi e le sue riflessioni oltre a un numero molto ampio di allievi formatisi alle innovative tecniche di ascolto e cura della demenza.