Società

Coronavirus: ti conosco mascherina!

Presi d’assalto supermercati e farmacie, tutti alla ricerca dell’ipoclorito di sodio, tutti bramosi di gel disinfettanti, è iniziato il regno dell’amuchina. Un tempo erano gli idraulici a essere introvabili: ora è l’amuchina. Uno spettro si aggira per il mondo: l’amuchina.

La Cina è vicina. Siamo tutti cinesi. Mascherina, io ti conosco. Mascherina e amuchina, fanno pure rima. Il focolare domestico per combattere il focolaio globale. Distanza prossemica in aumento, non più culturale, distanza virale: Napoli come Oxford. Ci si toccherà di meno, il mondo diventerà intangibile. Torna “mani pulite”, ma questa volta le tangenti non c’entrano.

Il virus del quartierino è il virus del mondo intero. Siamo tutti collegati. Interconnessi. Codogno e la Papuasia. I deserti assumono nuove forme, non solo sabbia. Isterie collettive sul pianerottolo. Il vicino di casa non è mai stato così lontano. Fare l’amore sarà un atto primitivo, ci manca poco. Mantenere le distanze. Fare l’amore a gesti, un nuovo alfabeto muto. Non abbracciatevi, non baciatevi, vietato respirare. Vietato scioperare. I sindacati uccisi da un virus. Resistono gli anarchici, gli atti individuali, del resto questo virus porta la corona.

Uno starnuto vi seppellirà. E io che cosa faccio? All’amuchina preferisco Pascal, il mio gel disinfettante è un libro del XVII secolo: sono i suoi Pensieri. Non voglio più pensare con la mia testa o con la vostra, la mia testa è stanca e la vostra non mi piace. Voglio pensare con la testa di Pascal e abdicare a ogni pensiero personale. In lui trovo rifugio, nella sua anima, nell’anima di Pascal. Starò in casa, non è un problema, ho sempre avuto una propensione alla stasi, sono un casalingo: m’illumino d’interno.

Vivrò vicino al comodino, non ho mai desiderato andare alle isole Mauritius, tanto ogni uomo è un’isola, e io mi sento tropicale, anche vicino a Sesto San Giovanni. Ho le mie barriere coralline sul tappeto. Viaggio intorno alla mia stanza, il mio fuso orario si estende tra una posata e l’altra, tra la forchetta e il coltello, un fuso orario da tovaglia, possibilmente ricamata.

Non mi avrete. Non avrete la mia anima. La filosofia non è aria fritta, non è virus fritto. Finalmente posso fare felice mia mamma che mi ha fatto studiare filosofia, lei e papà mi hanno mantenuto agli studi per anni e anni, finalmente posso dire a mamma queste parole di Pascal: “L’uomo non è che un giunco, il più debole di tutta la natura, ma è un giunco che pensa. Non occorre che l’universo intero si armi per schiacciarlo; un vapore, una goccia d’acqua basta per ucciderlo. Ma quando pur l’universo lo schiacciasse, l’uomo sarebbe ancora più nobile di ciò che l’uccide, poiché egli sa di morire e quale vantaggio l’universo ha su di lui. L’universo non ne sa nulla”.

Non so mamma se siamo più nobili di questo virus che ha la corona, ma so che farò come dici tu: andrò alla ricerca dell’amuchina. Cara mamma, l’amuchina non sa di essere un disinfettante, ci pensi? Lei non sa nulla di se stessa, ti è piaciuto Pascal? Hai visto che farmi studiare è servito a qualcosa? Il silenzio degli spazi siderali mi atterrisce mamma, fammi riposare sul tuo cuore.