Società

Barbie all’insegna dell’inclusione: arrivano le bambole calve o disabili. Ed è solo l’inizio

di Massimo Arcangeli e Sandro Mariani

New York, 9 marzo 1959. Bella e slanciata, sguardo malizioso e ammaliante, Barbie Millicent Roberts si materializza per la prima volta all’International American Toy Fair. Capelli biondi raccolti all’indietro, porta orecchini cerchiati, calza tacchi a spillo e indossa un costume da bagno (intero) zebrato. Proviene da un’immaginaria cittadina del Wisconsin (Willows), la stessa del suo aitante fidanzato, Kenneth Carson (Ken), creato nel 1961 e mai sposato da Barbie (i due si sono anzi lasciati nel 2004, anche se sono tornati insieme 7 anni dopo). Un decennio più tardi lo sguardo di tre quarti dell’ormai celebre bambola lascerà il posto a una posa frontale.

Barbie è una donna economicamente indipendente, vive in una favolosa casa tutta sua, guida una fuoriserie, frequenta Ken di tanto in tanto e si diverte a girare il mondo in camper con le sue amiche. Nel 1992 vengono commercializzate le prime Barbie parlanti. Ognuna delle bambole messe allora in vendita sul mercato americano poteva pronunciare 4 delle 270 frasi possibili, fra cui I love shopping! (‘Adoro fare acquisti!’) e Math class is tough! (‘Il corso di matematica è tosto!’). Su quest’ultima la Mattel, a seguito delle proteste dell’American Association of University Women, avrebbe fatto marcia indietro appena tre mesi dopo: nessuna Teen Talk Barbie avrebbe più emesso dalla sua bocca quella frase, allusiva al solito stereotipo della donna incapace a far di calcolo o, quantomeno, poco portata per lo studio delle Stem (Science, Technology, Engineering and Mathematics).

Tutt’altra storia con l’avvento del Terzo Millennio, che ha salutato tante nuove Barbie entusiaste di abbracciare, fra le diverse realtà lavorative, quella di ingegnere robotico, di ingegnere informatico, di sviluppatore di videogiochi o di altre analoghe, ritagliate proprio all’interno delle discipline tecnologico-scientifiche, e nel 2019 la Mattel, con la collaborazione dell’Esa (European Space Agency), ha realizzato una Barbie con le fattezze dell’astronauta Samantha Cristoforetti.

Attualmente sono più di duecento le professioni e i mestieri esercitati da una bambola tanto acclamata quanto contestata, soprattutto per le sue misure da istigazione all’anoressia, perché impossibili da eguagliare (in scala: 91 cm di seno, 46 cm di vita, 84 cm di fianchi, per un’altezza di 1.75 cm).

Barbie al tempo del politicamente corretto

Nel 2009 viene lanciato sul mercato un nuovo set di modelli della nostra bambola: nasce la linea Fashionistas, che quell’anno sforna sei Barbie snodatissime (12 punti di articolazione) e alla moda (Arts, Cutie, Girly, Glam, Sassy, Wild, più un maschietto, Hottie), ciascuna con una precisa personalità rispecchiata da abiti e accessori.

Oggi le Barbie fashion sono 176, per 9 diverse silhouette, 35 tonalità di carnagione e 94 diverse acconciature e ultimamente la Mattel, in omaggio al politically correct e al suo “relativismo etico catechistico e radicale” (Massimo Arcangeli, Una pernacchia vi seppellirà. Contro il politicamente corretto, Roma, Castelvecchi, 2019, p. 14), ha premuto a fondo sul pedale dell’inclusività e dell’“indifferenza” (gender free) o della “fluidità” (gender fluid) di genere, anche oltre il magico mondo della sua testimonial più famosa e attrattiva: nel settembre del 2019 la multinazionale californiana ha lanciato, con il marchio Creatable World (“Mondo creabile”), una bambola asessuata cui far assumere, grazie alle opzioni rese possibili dal kit d’acquisto, l’identità di genere che si vuole.

Il 15 febbraio prossimo sbarcheranno nei negozi italiani di giocattoli, aggiungendosi alle altre Barbie – fra “diverse” e inclusive – Barbie calve, con la vitiligine, con protesi dorate o costrette sulla sedie a rotelle (con tanto di rampa per l’abbattimento delle barriere architettoniche). “Questo è solo l’inizio” si legge sul sito della Mattel, “[a]bbiamo creato prodotti che si ispirano ai ruoli più disparati e fantasiosi e abbiamo fatto squadra con i personaggi più illustri, perché crediamo nelle bambine e nel loro grandissimo potenziale. #PuoiEssereTuttoCiòCheDesideri“.

Barbie non è però l’unica bambola disabile. L’ultima trovata commerciale, prodotta dall’American Girl (che l’ha proclamata Girl of the year per il 2020), è Joss Kendrick. Appassionata di surf, ha l’apparecchio acustico.