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Dirigenti pubblici, così il decreto Milleproroghe elimina l’obbligo di trasparenza sui compensi e le dichiarazioni patrimoniali

Nel febbraio 2019 la Corte costituzionale, chiamata in causa dal Tar in seguito al ricorso del sindacato dei dirigenti, si è espressa contro la pubblicazione prevista dalla riforma Madia. Il governo ora si adegua congelando le sanzioni da 500 a 10mila euro per chi non si adegua e mettendo in cantiere un nuovo regolamento che ufficializzerà la marcia indietro. I dati patrimoniali e la dichiarazione dei redditi andranno comunicati "esclusivamente all'amministrazione di appartenenza"

Ora la prevalenza della privacy sulla trasparenza è legge. Il decreto Milleproroghe elimina infatti con un colpo di spugna l’obbligo per i dirigenti della pubblica amministrazione di rendere noti redditi e situazione patrimoniale, come era stato previsto dalla riforma Madia. Tutto nasce dal ricorso al Tar Lazio presentato nel 2017 dal sindacato dei dirigenti e sfociato nel febbraio 2019 in una sentenza con cui la Corte costituzionale chiamata in causa dal Tar ha stabilito che il diritto dei cittadini a conoscere compensi e patrimoni dei manager statali va sacrificato sull’altare del diritto alla privacy. Il governo ora si adegua congelando le sanzioni da 500 a 10mila euro per chi non si adegua e mettendo in cantiere un nuovo regolamento che ufficializzerà la marcia indietro. I dati patrimoniali e la dichiarazione dei redditi, per dirne una, andranno comunicati “esclusivamente all’amministrazione di appartenenza“.

L’articolo 1 del decreto sancisce innanzitutto che, “nelle more dell’adozione dei provvedimenti di adeguamento alla sentenza della Corte costituzionale”, ai titolari di incarichi politici, di amministrazione, di direzione e dirigenziali non si applicano le sanzioni previste dal decreto legislativo 33 del 2013 per chi non rispetta l’obbligo di pubblicare cv, compensi, importi di viaggi di servizio e missioni pagati con fondi pubblici e dichiarazioni patrimoniali. Entro il 31 dicembre 2020 il ministero della Pa, insieme a quelli della Giustizia, dell’Interno, dell’Economia, degli Esteri e della Difesa, sentito il Garante della privacy, dovranno adottare un regolamento interministeriale in cui sarà specificato quali dati le pubbliche amministrazioni devono pubblicare “con riferimento ai titolari amministrativi di vertice e di incarichi dirigenziali”. Il regolamento dovrà però rispettare alcuni criteri: dalla “graduazione in relazione al rilievo esterno dell’incarico svolto” e al “livello di potere gestionale e decisionale” alla previsione che le dichiarazioni patrimoniali del dirigente e dei parenti fino al secondo grado vadano comunicate solo all’amministrazione di appartenenza.

Non solo: il regolamento dovrà individuare un gruppo di dirigenti del Viminale, della Farnesina, delle forze di polizia, delle forze armate e dell’amministrazione penitenziaria che verranno “salvati” per legge dall’obbligo di trasparenza “in ragione del pregiudizio alla sicurezza nazionale interna ed esterna e all’ordine e sicurezza pubblica, nonché in rapporto ai compiti svolti per la tutela delle istituzioni democratiche e di difesa dell’ordine e della sicurezza”.