Cultura

Vignette brutte e vignettisti improvvisati

Presente quando si dice “trama da fumetto”?

Succede più o meno la stessa cosa con le vignette, specie quando usate male, volgarmente, fuori luogo e scorciatoia alla pochezza. Insomma: fanno più notizia quando son fatte male di quando sono all’altezza d’esser magnifici mezzi di comunicazione. A questo punto, quando improvvisati “vignettisti” vengono rimbalzati agli onori della cronaca per la loro indecenza, è più facile accorgersi che questi linguaggi esistono, ma svuotati completamente della loro nobiltà e capacità di veicolare idee e messaggi, screditando anche chi lo fa con passione, competenza e talento.

Negli ultimi anni si è assistito a un abbassamento notevole della qualità del disegno e contemporaneamente del suo contenuto e i social che li diffondono sono ufficio stampa delle redazioni che ne danno notizia. Un obiettivo minimo di chi disegna dovrebbe essere quello di saper tenere in mano la matita, allo stesso modo di come uno che scrive dovrebbe masticare correttamente la grammatica e i congiuntivi. Ciò accade sempre meno, anche perché è sempre meno necessario e la capacità di percepire la qualità si adegua al ribasso degli improvvisati e dei mediocri, di chi pensa che una tavoletta grafica e un qualunque programma grafico faccia di sé uno capace. Così ci troviamo quelli che si lasciano chiamare illustratori perché usano lattine di vernice digitale o scrittori che pagano un tipografo per stampargli il libro.

Il consigliere regionale veneto di Fratelli d’Italia, Sergio Berlato, pubblica su FB una immagine (non chiamiamola vignetta), che più che esprimere un concetto potrebbe alludere a un desiderio represso: il suo. Lo fa usando un linguaggio non suo e lo fa male, pubblica una cosa brutta di facile comprensione e di immediata diffusione, contando su “intellettuali” a lui simili. Ma Berlato è solo l’ultimo di una serie di gigioni da pochi spiccioli e segue di poco chi ha fatto quella vignetta in cui Boris Johnson scappa da un’Europa come fosse il campo di concentramento di Auschwitz.

La denuncia di queste mediocrità è sempre un’arma a doppio taglio: se da un lato ne condanna la bassezza culturale, dall’altro rischia di dargli risonanza e questo articolo non è da meno. Per questo chiudo citando le cose belle di questo mestiere, di chi disegna e lo fa col talento di un poeta: Mauro Biani, ma forse anche il suo talento è troppo per questo paese stentato.