Samuele, Saul, David, Salomone, poi Abramo, greggi di pecore, il Sinai, e sempre questo dio dall’alto (“qualcosa di torbido, convulso e opaco”) che intima e ordina sacrifici irrefutabili, inspiegabili, inappellabili, in un perenne bagno di sangue. Guai a dire che la tematica non è sostanza, che il borborigmo del sacro somiglia più a una predica che a un prodotto letterario, che quando baricchianamente si paragona l’insondabile antico per l’alto novecentesco (“Saul si nascose tra i bagagli, in questo simile ad Harpo Marx”) si appoggia il volume sullo scaffale e si passa oltre. Sperando che Iahvè non ci fulmini. Voto da 0 a 100