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L’innovazione digitale non ha sesso. Ma purtroppo il gender gap in Italia è ancora forte

Cosa significa innovare al femminile? Il tema potrebbe essere fuorviante, dato che l’innovazione dovrebbe essere un evento e non una questione di sessi. Tuttavia anche un tema sensibile come l’innovazione è importante che venga affrontato in chiave femminile.

Tutto parte dal digitale, che ormai è un fenomeno pervasivo, attraverso cui si ottiene l’innovazione. “In Italia l’utilizzo di Internet da parte delle donne ha visto una crescita importante dal 2012 ad oggi, tanto che i dati Istat per il 2018 parlano del 76,3% (eravamo a poco più del 42% nel 2012), percentuale che ad esempio nelle fascia età 15-17 anni sale al 93,5%”, mi spiega Carolina Gianardi di Iag (Italian Angels for growth) e fondatrice di Inclusione donna.

“La questione però è più complessa, nel momento in cui si analizzano le finalità per cui viene utilizzato Internet da parte delle donne: 58,8% per comunicare, 27% per raccogliere informazioni e 9% per acquistare. Il vero tema, tuttavia, non è se le donne utilizzino o meno Internet, bensì se abbiano o meno delle digital skills”, conclude Carolina.

Il percorso di studi e le scelte professionali delle donne, queste ultime spesso impattate anche dalla cultura familiare e dalla complessità in Italia di conciliare lavoro e vita familiare, non aiutano a sostenere percorsi di carriera di soddisfazione in termini sia di contenuti che economici. In Italia, come spiega Winning Women Institute, nelle scuole superiori la quota femminile è pari al 42,1% nei licei scientifici, al 68,5% nei licei artistici, al 16,4% negli istituti tecnici e al 21,5% negli istituti professionali. Quando passiamo all’università le donne rappresentano, del totale iscritti: 78% lauree umanistiche, 68% lauree sanitarie, 56% lauree sociali e 37% lauree scientifiche.

Il LinkedIn Recruiter Sentiment Italia 2019 evidenzia che il 45% dei responsabili Hr italiani dichiarano che vi siano più candidati uomini dotati di competenze digitali rispetto alle donne (contro appena il 25% che al contrario pensa vi siano più donne digitalmente preparate). Infatti anche quando la donna sceglie un percorso Stem la situazione resta difficile. Il bilancio di genere 2017-2018 del Politecnico di Milano ci dice che il 34,4% degli iscritti sono donne e che il 57,8% studia architettura, il 61% design e solo il 22,7% ingegneria.

Il tasso di occupazione dei laureati di ingegneria a 12 mesi è molto simile: 94,6% donne e 96,3% uomini. Ma se guardiamo solo ai contratti a tempo determinato sempre dopo 12 mesi subito ricompare il gender gap: 57% uomini vs 47,4% donne. Carolina mi spiega anche che nelle funzioni di innovazione delle aziende oggi ci sono mediamente due donne contro nove uomini; solo il 25% delle donne italiane è impiegato in settori legati all’intelligenza artificiale. E’ chiaro che in un mondo del lavoro dove le competenze digitali e tecnologiche saranno sempre più richieste, il rischio che il gender gap si amplifichi è già una realtà.

A mio avviso il rischio, continuo e pervasivo, è che le donne non possano contribuire al disegno del mondo futuro technology driven. Detto così potrebbe sembrare ancora una cosa limitata, molto stile “women power” e allora butto lì due esempi differenti tra loro, ma che aiutano molto a comprendere quanto la presenza delle donne nell’innovazione non sia tanto auspicabile per avere parità tra i sessi, ma vitale per il tessuto economico delle aziende e la sicurezza stessa.

1. L’algoritmo “maschilista” di Amazon credo che ormai sia un caso famoso. Ovvio, non era certo l’algoritmo ad essere maschilista. Ma se gli “dai da mangiare” solo profili di uomini ovviamente esso penserà che per ruoli legati a innovazione, management etc. solo gli uomini sono adatti e scarterà a priori le donne.

2. Mondo automotive ne abbiamo? Carolina Criado Perez, nel suo recente libro, ha raccolto una serie di analisi e numeri impressionanti sul tema bias e donne. Tra i tanti casi che ha mappato, un’analisi – per molto tempo passata a mio avviso inosservata – secondo cui essendo i manichini dei crash test maschi, i test portano a creare soluzioni di sicurezza più adatte per gli uomini che per le donne. Innovazione nella progettazione di auto (e relativi presidi di sicurezza) contemplando anche progettiste donne: si può? Io direi si deve.

Questi due esempi, se non si fosse compreso, illustrano chiaramente quanto sia fondamentale avere una presenza femminile in tutte le catene dell’innovazione, sia quella immateriale (digitale) che quella fisica.

@enricoverga