Capitoli

  1. Deniz Naki, la storia del calciatore curdo che combatte per la libertà tra squalifiche a vita in Turchia e attentati in autostrada in Germania
  2. La porta d’argento
  3. Tra Neuer e il Pkk
  4. La Nazionale che non c’è
  5. Azadî
Calcio

Azadî - 5/5

I suoi genitori fuggirono dalla Turchia e trovarono riparo in Germania. Lì, il 30enne curdo-tedesco ha iniziato la sua discreta carriera, giocando poi in Bundesliga e quindi nella Süper Lig turca. Dove ha sempre parlato della sofferenza del suo popolo, si è schierato contro Erdogan e non ha mai ritrattato. Fino a rimediare una squalifica a vita e una condanna a 18 mesi di reclusione. Al rientro in Germania, dopo un'aggressione ad Ankara, gli spari contro la sua vettura

Il calciatore viene accusato di “discriminazione e propaganda politica”, Erdogan in persona lo indica come nemico dello Stato e arrivano una maxi multa e una squalifica di 12 giornate. Nell’aprile 2017 Deniz viene condannato a 18 mesi di reclusione per aver “sostenuto i terroristi del Pkk”, ma se in questo caso la condanna viene sospesa, non è altrettanto fortunato nel gennaio 2018, quando la Federcalcio turca lo squalifica per 3 anni e mezzo. Una punizione esemplare per aver manifestato il proprio appoggio agli abitanti di Afrin, enclave curda nel Nord della Siria in quei giorni bombardata dalle truppe di Ankara. Una punizione che diventa ancor più amara considerando che in Turchia qualsiasi sospensione superiore ai tre anni si traduce nell’espulsione a vita dalla federazione. A neppure 30 anni Deniz Naki chiude con il calcio e comincia anche a temere per la propria vita. Pochi giorni dopo, rientrato a Düren, un furgone lo affianca in autostrada e un uomo apre il fuoco contro la sua vettura. Degli spari, un finestrino che salta, il metallo della carrozzeria che si piega. Deniz si salva per miracolo e ancora sotto shock chiama la polizia tedesca: “Credo possa essere stato un agente del governo o un turco di destra radicale”. Sono trascorsi quasi due anni da quell’attentato e Deniz ha ancora paura. La sua battaglia però non è certo finita, anzi è più attuale che mai. L’ex calciatore continua infatti a parlare, anche in questi giorni, denunciando l’attacco che l’esercito turco sta conducendo nella regione del Rojava: “La guerra significa la morte delle persone. La guerra significa che le persone devono scappare dal loro ambiente, dalla loro regione, dalla loro patria. Con il pretesto della costruzione della pace in Medio Oriente e in Siria, la Turchia non fa altro che gettare benzina sul fuoco. Ma la Turchia di Erdogan, i sostenitori della guerra e i fascisti perderanno”.
Continua a parlare, insomma, Naki. Anche se non ha più il calcio, anche se ha paura. Perché nella sua vita ci sono sempre state tante cose, ma soprattutto c’è quella parola, Azadî, che in curdo significa libertà.

Twitter: @Ocram_Palomo

La foto in evidenza è tratta dal profilo Instagram di Deniz Naki