Cultura

Cent’anni di Dino De Laurentiis, ‘la vita è troppo breve per non essere napoletani’

Sta per concludersi un anno intenso per Martha De Laurentiis, presidente della casa di produzione Dino De Laurentiis: in fase di decollo Dante in Opera e Le quattro giornale di Napoli. Martha in odore di cittadinanza onoraria. Ma sopratutto il 2019 ha visto le celebrazioni legate alla figura di Dino, nato l’8 agosto di cent’anni fa.

Ricordando Dino… a cento anni dalla sua nascita è il forum che si è svolto il 18 ottobre all’Istituto di Cultura Meridionale, voluto dal console onorario della Bulgaria Gennaro Famiglietti con Enzo D’Errico, direttore del Corriere del Mezzogiorno, Aurelio De Laurentiis, presidente del Calcio Napoli, Nino Daniele, assessore alla cultura, l’architetto Cherubino Gambardella. Il primo a prendere la parola è l’assessore: “Martha è già napoletana, lo è di cuore. E lo è molto di più di tanti napoletani di nascita, sempre pronti a denigrare questa città. Napoli è una città che anche nei suoi momenti più tragici mostra il suo volto più umano”.

Applausi. Passa il microfono a Patrizio Rispo, volto storico di Un Posto al Sole. Dino era un fan della soap opera più longeva della nostra tv e non si perdeva una puntata trasmessa su Rai International. Patrizio rivendica per Napoli – che è diventata un brand, un set a cielo aperto – degli studios sul modello hollywoodiano. La location potrebbe essere proprio l’ex sede della Nato a Bagnoli. Proprio come quei teatri di posa che Dino costruì a Roma: all’inizio il suo partner fu Carlo Ponti. Questi teatri si chiamarono Dinocittà.

Altro che neorealismo, Dino ricordava che l’industria del cinema era così povera che non c’erano soldi per gli studios, per creare dei set. Così si doveva girare tutto per strada. Aveva una bella faccia Dino – anche se non svettava in altezza – e voleva fare l’attore. Poi ha capito che per fare i soldi era meglio mettersi dall’altra parte della cinepresa. E che bisognava girare in inglese, anche se non parlava una parola d’inglese.

Erano gli anni favolosi di Hollywood sul Tevere. Dino, produttore di opere straordinarie che hanno cambiato la faccia al cinema mondiale, tra cui Guerra e Pace, La Bibbia, Riso Amaro, L’oro di Napoli, Totò a colori, che è il primo film a colori realizzato in Italia. Produsse anche il film sulla pelosa bestiola King Kong preferendo Jessica Lange a Meryl Streep (che tra l’altro non glielo ha mai perdonato).

Dino e Martha, sposati per 30 anni, sono stati la power couple di Hollywood. Hanno prodotto film campioni d’incassi, come Hannibal. Insieme hanno creato nuovi studios in giro per il mondo, dall’Australia al Marocco. Lei aveva 30 anni meno di lui, ma fino all’ultimo l’eterno ragazzino è rimasto lui.

Martha è appena rientrata da Vladivostok in Russia per il Eastern Economic Forum, voluto da Putin, in cui erano invitati capi di stato e ministri della cultura di mezzo mondo. Martha, l’unica americana a essere invitata. La chiave del successo di Dino? Nella vita ci vogliono tre C – diceva: cervello, cuore e cojones. Su questo tutti d’accordo.

Il ricordo di Dino è imprescindibile da quello su Luigi, padre di Aurelio, produttore e presidente del Calcio Napoli. Che lancia un teaser e suggerisce che il Forum diventi un appuntamento annuale. E l’assessore Daniele mette subito a disposizione la sede di Castel dell’Ovo. Di visioni in visioni – perché no – anche un Actor Studio made in Naples. Cherubino Gambardella invece invita: “Chiudete gli occhi. Quello che non si vede si immagina. Questa è la potenza del cinema”. E ricorda gli 80 anni del maestro festeggiati a Capri da Anema e’ core con Guido Lembo, quando mezza Hollywood sbarcò nell’isola azzurra.

Sfogliando l’album dei ricordi: Columbus Avenue all’incrocio con l’81esima strada. Inizio anni 80 era l’indirizzo più glamour di New York. In un emporio dal decor avveniristico, Dino, da figlio di un pastaio di Torre Annunziata, mise la sua vocazione per lo spettacolo al servizio e all’esaltazione della gastronomia italiana, altra sua grande passione. Era nato il DDL Food Show, un megaemporio, un ambizioso progetto, annotava il New York Times, da tre milioni e mezzo di dollari. Meta incessante di pellegrinaggi per i gourmet, ma anche per i politici, gli artisti, i letterati, i protagonisti dello star system. Praticamente il precursore di Eataly.

De Laurentiis sintetizzava con un suggestivo accostamento la sua visione: “Lo spaghetto va preparato con amore, fantasia, arte. Io cucino la pasta come Picasso dipinge”. L’ultima parola a Martha. Il ruolo della letteratura prestata al cinema? “Oggi non si parla più di riduzione cinematografica, ma di ingigantimento… Quando penso a Napoli, penso a un diamante. Dalle mille sfaccettature. Hanno chiesto per me la cittadinanza. Sarebbe bello, non per me, ma per le mie due figlie che sono mezze napoletane. E perché Dino diceva che la vita è troppo breve per non essere napoletani”.