Società

Eutanasia, il governo Conte rifletta sul termine laicità e ascolti i cittadini rimasti soli

Se davvero Giuseppe Conte e i suoi ministri vogliono dare forma e seguito alla tanto decantata ‘discontinuità’, devono cominciare rimettendo al centro del lessico politico un termine insidiosamente andato in ombra nel corso dell’ultima legislatura: laicità. Non penso alle esibizioni paraconfessionali e madonnare di Salvini, use solo ad aggregare consenso cattolico su base xenofoba. Mi riferisco invece alle parole di Monsignor Bassetti che ha riesumato i codici di quel substrato confessionale che in Italia è stato per anni il vocabolario ombra con il quale tante leggi sono state scritte o sono state sabotate.

Il diritto a chiudere una vita non più ritenuta degna è un argomento così delicato che un governo non può permettersi di lasciarlo nelle mani di chi sostiene che “vivere è un dovere, anche per chi è malato e sofferente”. Conte non deve cadere, come seppe farlo nel caso della Madonna di Salvini, nella trappola dell’obbedienza ad un presunto Dio che detta questi ordini, emanati piuttosto da una feroce divinità Maya che gode nella sofferenza dei propri figli.

Il cardinale nel suo j’accuse dimentica sempre di citare la volontà del malato, il suo desiderio irriducibile di chiudere un’esistenza troppo dolorosa quando dice: “E’ drammatico che la condizione di chi è meno autonomo sia percepita come una zavorra per la famiglia, per la società”. E’ il malato stesso, a volte, a sentirsi un peso insopportabile per sé stesso, per la sua dignità. Ed è proprio di queste voci ignorate perché sepolte sotto il rumore della furia teologica che Conte deve occuparsi. Le grida di tanti suoi cittadini, intrappolati tra un esistenza che non desiderano più e uno Stato che, ammiccando a questa mistica della sofferenza, non gli tende la mano.

Le parole del cardinale non solo vogliono influenzare la Corte Costituzionale che sta per esprimersi sulla questione del suicido assistito, ma intendono retrodatare la loro azione invalidando la legge sul fine vita faticosamente approvata, pretendendo di tornare ad uno stato pre-Eluana. Tutti ricordiamo la persecuzione alla quale venne sottoposto Englaro, che mise in evidenza tutte le contraddizioni e le lacune di un sistema giuridico e politico pervaso da pulsioni confessionali, costretto ad arrancare goffamente nel tentativo di fermarle. Anche allora la politica preferì chiamarsi fuori subordinando il proprio mandato all’interpretazione della parola di un Dio che appariva non già il Dio della misericordia, ma quel tremebondo essere sadico che oggi pare di nuovo essere rievocato.

Conte deve porsi degli interrogativi laici: che fare quando la traiettoria di vita vira sul fine corsa? Quando il male fisico è talmente pervasivo per cui il solo sollievo è la morte? Dj Fabo è stato costretto a recarsi in Svizzera per porre fine al suo calvario; Loris Bertocco, anch’esso defunto oltralpe, ha lasciato scritto: “Questo mio progressivo peggioramento fisico mi rende comunque difficile immaginare il resto della mia vita in modo minimamente soddisfacente”; Davide Trentini salutò il mondo dalla clinica elvetica sorridendo, le sue parole: “Ora basta dolore”. Suggerisco al governo infine di ricordare la parabola di Lucio Magri, parlamentare, che ha sofferto di una depressione totalizzante, costretto a prendere un treno per chiudere il suo cammino.

Ci sono tanti Davide, Irene e Loris in Italia. Solo pochi giorni fa Graziella Possegga e Leonello Lombardi si sono tolti la vita in un albergo, a pochi chilometri da casa mia, perché soli ed ammalati. E’ a questi che Conte deve dare ascolto, per evitare loro di comparire come Fernando Aiuti in un trafiletto di colonna locale perché “caduti dalla scale”.