Capitoli

  1. Venezia 76, cinque film per augurare a Pedro Almodovar non uno ma dieci Leoni alla carriera
  2. Donne sull’orlo di una crisi di nervi (1988)
  3. Tutto su mia madre (1999)
  4. Parla con lei (2002)
  5. Volver (2006)
  6. Dolor y Gloria (2019)
Cinema

Tutto su mia madre (1999) - 3/6

Un tributo il cui annuncio aveva incuriosito mesi fa chi non si aspettava tanto affetto per un autore da sempre legato a doppio nodo agli arcirivali del Festival di Cannes. Eppure un premio sacrosanto, anzi, doveroso

Quando un Oscar non basta. Non che la statuetta al Miglior film straniero sia stato l’unico riconoscimento tributatogli, ma Tutto su mia madre è un’epifania così dolce e intensa che non la si può raccontare. Ci si ritrova di fronte a una di quelle opere che ti cambiano il modo di vedere le cose, un po’ come quando senti per la prima volta John Coltrane. È come se all’improvviso percepissi dei colori che prima faticavi persino a immaginare. Magari quei toni caldi che avvolgono e abbracciano Manuela (Cecilia Roth, strepitosa), giovane madre a cui la vita strappa un figlio senza neppure darle il tempo e il coraggio di confessargli il nome di un padre mai conosciuto. Inizia così un (atipico) road movie che è una carezza per lo spettatore. Un viaggio tra cuori e lacrime, tra suore e puttane, in cui i generi si confondono tanto dal punto di vista sessuale – centrale è il transgenderismo – quanto a livello narrativo – perfetto il mix di commedia e melodramma. Un film che riflette sul mondo e sulla necessità di recitarvi una parte e indossare una maschera. Un obbligo però che nella visione almodovariana si fa occasione, offrendo l’opportunità di rivelare se stessi. I rimandi e le citazioni dunque si sprecano in un affresco che è prima di tutto una lettera d’amore. Al cinema, al teatro e a tutto ciò che ci sta intorno.