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Hamza bin Laden, la sua morte è un duro colpo per al Qaeda (e anche per Isis)

Hamza bin Laden è morto. A dichiararlo i media Usa citando tre diversi dirigenti che, però, non hanno fornito dettagli sul luogo e sulle modalità della morte del figlio prediletto. Il trentenne Hamza era sicuramente un leader emergente di al Qaeda, sposato con la figlia di Mohammed Atta, una delle menti degli attacchi dell’11 settembre agli Stati Uniti. Funzionari statunitensi hanno dichiarato che Hamza bin Laden avrebbe minacciato di vendicarsi contro gli Stati Uniti per l’omicidio di suo padre, e nel gennaio 2017 era stato indicato come un “terrorista globale”.

L’indebolimento dell’Isis, causato dalla perdita di territori e di soldati, ha favorito il rilancio di al Qaeda. I documenti ritrovati nel complesso di Abbottabad, in Pakistan, dove venne ucciso Osama bin Laden, indicano che proprio Osama aveva designato Hamza per la leadership all’interno del gruppo terroristico. In una registrazione audio rilasciata da al-Qaeda il 14 agosto 2015, il leader del gruppo Ayman al-Zawahiri aveva annunciato l’appartenenza ufficiale di Hamza al gruppo, chiamandolo il “figlio del leone”. Nella stessa registrazione Hamza ha promesso fedeltà ad al- Zawahiri e al defunto leader talebano, il mullah Mohammad Omar, esortando lupi solitarie potenziali terroristi a compiere attacchi contro obiettivi americani ed ebrei a Washington, Londra, Parigi e Tel Aviv.

Oggi appare chiaro che il futuro del terrorismo jihadista si stia giocando proprio tra al Qaeda e Isis, con la prima organizzazione che ha come obiettivo di essere la mente operativa sfruttando la seconda come braccio operativo, in quanto con maggior esperienza nel combattimento, nella tecnologia e nella comunicazione. La morte di Hamza bin Laden rappresenta però un duro colpo per Al Qaeda, visto che Hamza in quanto saudita e discendente da famiglie importanti, era ben visto dagli sponsor del Golfo in termini di donazioni. Non sarebbe infatti un caso che i suoi messaggi siano stati progettati a ispirare potenziali donatori del Golfo, seguendo così le orme di Osama. Inoltre Hamza non è mai stato critico in modo esplicito con l’Isis. Già da tempo molti sostenitori del Califfato Islamico detestavano le scelte di al Zawahiri ma professavano ammirazione per Hamza bin Laden.

Insomma Hamza aveva un compito ben più grande: quello di essere il possibile elemento unificante tra i due gruppi. A quel punto gli Stati Uniti hanno voluto spegnere da subito questa minaccia lasciando spazio aperto alle due “prime donne del terrore”, da un lato al Zawahiri e dall’altro il “resuscitato” al Baghdadi molto distanti da una possibile collaborazione.

Di sicuro la morte di Hamza non ha spento al Qaeda vista anche la pubblicità indiretta ricevuta. Anche senza Hamza, “la base” continua ad esistere e si sta già riorganizzando da tempo sia nel Nord Africa (vedi Sahel o Libia) ma anche in Yemen, Siria, Afghanistan e Pakistan. Al Qaeda militarmente è ancora debole nonostante le sconfitte dell’Isis abbiano provocato una terza diaspora jihadista con molti che hanno deciso di affiliarsi a gruppi vicini ad Al Qaeda. Resta molto forte la sua minaccia ideologica in quanto già ai tempi in cui primeggiava l’Isis, si poneva come alternativa al presunto Stato Islamico.