L’intelligence Usa ha ottenuto informazioni secondo cui Hamza bin Laden, il figlio del fondatore di al-Qaeda e considerato il possibile futuro Sceicco del Terrore alla guida de La Base, è morto. A riportarlo è la Nbc citando tre diversi dirigenti Usa che, però, non hanno fornito dettagli sul luogo e sulle modalità della morte, né se l’uccisione sia avvenuta per mano degli Stati Uniti, visto che con ogni probabilità il 30enne principe del jihad si trova tra Afghanistan e Pakistan. “Non voglio fare commenti su questo”, ha brevemente risposto Donald Trump a chi gli ha chiesto maggiori informazioni al riguardo.

La decisione di Washington, lo scorso marzo, di mettere una taglia da un milione di dollari sulla sua testa testimonia il ruolo sempre più di rilievo ricoperto dal figlio di Osama bin Laden. Nei documenti del padre ritrovati nel nascondiglio di Abbottabad, dove poi fu ucciso, il miliardario saudita aveva indicato proprio Hamza come erede designato a guidare l’organizzazione che, dopo la sua morte, ha avuto al vertice il dottore egiziano e ideologo Ayman al-Zawahiri.

Se ancora il terrorista classe 1989 non era riuscito a salire l’ultimo gradino nella scala gerarchica de La Base, è indubbio che ricoprisse un ruolo di alto livello, almeno a livello simbolico. Anche per questo ha più volte lanciato messaggi video per dettare la linea politica del movimento. Ultimo tra questi filmati è quello che risale al 2018, quando minacciò la famiglia reale degli al-Saud e invocò la rivolta nella Penisola Arabica contro l’Arabia Saudita, il Paese che esiliò il padre negli anni Novanta.

Dal primo video nel 2001 alla fuga da Abbottabad: l’ascesa del Principe
La prima volta che l’erede al trono del terrorismo internazionale comparve davanti alle telecamere era il 2001. Erano passate poche settimane dall’attentato che sconvolse l’America e il mondo, cancellando per sempre dallo skyline di New York le Torri Gemelle, e che mostrò a tutti la faccia del pericolo pubblico numero uno, il padre Osama. Hamza, nel video diffuso da al-Qaeda e pubblicato da al-Jazeera, era seduto al fianco di miliziani con le facce coperte da kefiah e passamontagna, circondato da Ak-47, lanciagranate e mitragliatrici. Reciterò una poesia in onore del mullah Omar, leader dei Taliban afghani che ospitarono i jihadisti de La Base dopo l’11 settembre: quel giorno, il padre Osama, decise di mostrare a tutti la faccia futura del jihad globale, quella di un bambino di circa 11 anni.

In Afghanistan, dove si presume sia stato girato il video, Hamza viveva già da almeno cinque anni. Dal 1996, quando il padre, stabilitosi in Sudan dove stava riorganizzando il gruppo in vista di una guerra santa contro gli Stati Uniti, venne cacciato dal Paese in seguito a forti pressioni internazionali. Osama bin Laden, all’epoca, era praticamente apolide: l’Arabia Saudita, Paese d’origine, lo aveva esiliato, mentre la sua famiglia, grandi imprenditori nel settore delle costruzioni, lo aveva disconosciuto. Il Paese dove si era rifugiato per guidare la sua creatura, adesso, lo stava di nuovo cacciando. L’unico posto che avrebbe potuto accettare un terrorista di fama già internazionale era proprio l’Afghanistan, dove i miliziani arabi islamisti di bin Laden si erano costruiti la fama di grandi combattenti al fianco dei mujaheddin, durante la guerra contro le truppe d’invasione sovietica.

L’anno in cui si presume sia nato Hamza è quello di un predestinato: nel 1989 suo padre era impegnato a raccogliere fondi e alimentare il flusso di combattenti arabi diretti in Afghanistan per combattere l’Armata Rossa. Fu l’anno della vittoria dei mujaheddin e, contemporaneamente, quello in cui viene indicativamente collocata la fondazione di un’al-Qaeda ancora allo stato embrionale, cresciuta grazie proprio ai successi e alla fama conquistati da Osama bin Laden nel Paese asiatico.

Hamza bin Laden, quindi, è nato e cresciuto nell’era dl jihad globale, influenzato dalla nuova avventura terroristica del padre, indottrinato come il più radicale dei miliziani e ha seguito, anche se non dall’inizio, tutti gli sforzi, le peripezie e gli spostamenti del genitore in nome della causa. Aveva appena 9 anni quando l’organizzazione fece esplodere le ambasciate americane in Kenya e Tanzania, provocando oltre 200 morti, 11 quando una barca imbottita di esplosivo con a bordo terroristi di al-Qaeda si fece saltare contro il cacciatorpediniere statunitense USS Cole, 12 il giorno dell’attentato al World Trade Center e al Pentagono.

Da lì in poi, la sua vita è stata caratterizzata da militanza e clandestinità, soprattutto tra Iran, Pakistan e Afghanistan, dove la famiglia si è rifugiata fino al 2 maggio 2011, quando l’esercito americano fece irruzione nel nascondiglio di Abbottabad, in Pakistan, uccidendo il padre, il fratello e altri membri dell’organizzazione. Inizialmente, sembrava che tra le vittime ci fosse anche Hamza che, invece, non si trovava nel complesso al momento del blitz.

Da quel momento, Hamza, come lasciato scritto dal padre, è diventato uno dei punti di riferimento della propaganda del jihad globale, presentandosi più volte in video e lanciando avvertimenti a tutti coloro che si sarebbero opposti al volere dell’organizzazione.

Twitter: @GianniRosini

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