Cinema

Festival di Cannes, A Hidden Life: il gran rifiuto di un contadino a Hitler. Così Terrence Malick ritorna (finalmente) al cinema

Il leggendario cineasta texano è (finalmente) tornato grande e per farlo – paradossalmente – ha scelto un film girato in Europa con la storia di Franz Jägerstätter. Girato nel 2016, il film ha richiesto tre anni di montaggio con il risultato di un’ opera etica ed estetica destinata a restare nel tempo e magari vincere la Palma d'oro

Il titolo perfetto per un film perfetto. E soprattutto da parte del più nascosto dei grandi cineasti contemporanei. Terrence Malick potrebbe vincere la sua seconda Palma d’oro, perché A Hidden Life (Una vita nascosta), è un’opera importante quanto meravigliosa. Quasi a dire che il leggendario cineasta texano è (finalmente) tornato grande e per farlo – paradossalmente – ha scelto un film girato in Europa. Il suo nuovo lavoro, infatti, s’ispira alla vera storia del contadino austriaco Franz Jägerstätter che durante la II Guerra Mondiale si rifiutò di giurare fedeltà a Hitler. “Il suo NO rappresentò una forma di resistenza silenziosa ma assoluta” spiega il protagonista, il popolare e talentuoso attore tedesco August Diehl (fu il cattivo di Bastardi senza gloria, ma anche Il giovane Karl Marx...) che si è preparato a interpretare questo anti-eroe “resiliente” contro il Nazismo leggendo anche libri filosofici consigliatigli dal “filosofo” Malick. “Non fu infatti un attivista, si limitò con sapiente semplicità e dichiarare il suo rifiuto di collaborare in qualunque modo con le aberrazioni perpetrate da Hitler”.

Sorretto da una fede incrollabile e dall’amore incondizionato della moglie Fani (Valerie Pachner), Franz fece scelte seguendo il sentimento di giustizia che gli arrivava dalla coscienza, in un certo senso fu un obiettore di coscienza ante litteram. In tal senso, infatti, A Hidden Life è uno dei più grandi e intensi lavori del cinema contemporaneo sulla distinzione fra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato percepita attraverso la voce dell’anima. Parlato in lingua inglese con sottofondi e intervalli in tedesco (“ma la lingua parlata non è importante, questo è un film sulla voce interiore”, chiosano gli attori), A Hidden Life mette in scena la serafica famiglia degli Jägerstätter prima della tragedia bellica immersa nella Natura benigna delle Alpi austriache per poi entrare nell’inferno dell’ascesa di Hitler: se il sentimento di Franz contro gli orrori del Terzo Reich è inizialmente spontaneo, poi diventa un pensiero ragionato e una convinzione ferrea che lo porta ad essere giustiziato per tradimento. A giudicarlo, peraltro, è un giudice nazista interpretato dal compianto Bruno Ganz che intrattiene un dialogo con l’accusato Franz da brividi. “Ci fossero più persone così come Franz  anche oggi, ci sarebbero soluzioni ai problemi politici del mondo contemporaneo” dichiara un convinto August Diehl che non nasconde quanto lavorare con e per Terrence Malick “ti cambia la vita”.

Per quanto caratterizzato da numerosi momenti di monologo interiore in voice over, A Hidden Life segna il piacevole ritorno del cineasta al cinema delle sue origini, ovvero più fisico (agli attori infatti è stata chiesta una grande performance a differenza degli ultimi film in cui erano poco più che figuranti…) e certamente più compiuto in termini narrativi. Film spirituale e non religioso – benché costellato da diverse preghiere – si tratta di una riflessione imponente sul libero arbitrio, che apre domande sul peso della coscienza, che scava nell’intimità dello spettatore portato a sentire e pensare contemporaneamente alla propria condizione. “Meglio soffrire l’ingiustizia che compierla” disse a un certo punto Jägerstätter la cui eredità spirituale è tuttora in profumo di beatificazione presso il Vaticano. Girato nel 2016, il film ha richiesto tre anni di montaggio con il risultato di un’ opera etica ed estetica destinata a restare nel tempo. Almeno dentro alle coscienze di chi avrà la possibilità di ammirarla.