Cultura

La mia guerra segreta, il nuovo libro di Philip Ó Ceallaigh canta della marginalità

Sei scivolato sulla tua stessa merda allora, Pelou, pensa Aidan. Da queste parti non si usa: una tradizione contadina, chi si loda si sbroda. Non siamo americani, non ancora. Magari l’anno prossimo.

A Bucarest, durante uno dei numerosi workshop di scrittura e fotografia che organizziamo con Mille Battute, ho avuto il piacere di portare i partecipanti a conoscere Philip Ó Ceallaigh, di cui tutti avevamo letto Appunti da un bordello turco. Di quello strana giornata ha scritto in modo impeccabile Tiziano Colombi sulle pagine di Q Cod Mag e le sue parole sono accompagnate dalle fotografie di Marco Belli, c’è però un aneddoto che mi è rimasto impresso tra una sorsata e l’altra di Jameson (in fondo si festeggiava San Patrizio): Philip Ó Ceallaigh aveva dichiarato che stava sistemando dei racconti e che ci sarebbe stato presto un suo nuovo libro. Eccolo qui: La mia guerra segreta (traduzione di Stefano Friani; Racconti Edizioni). 

Rispetto ai racconti di Appunti da un bordello turco ci sono meno bloc di ceauceschiana memoria, ma l’autore irlandese, trapiantato in Romania, continua a macinare storia che vedono esseri umani che vivono ai margini. Margini a volte geografici: la Georgia, i boschi transilvani, Guantánamo, le isole Aran; a volte sociali: uno spacciatore fallito accusato di terrorismo, un padre e un figlio in gita al Museo egizio del Cairo, un solitario in cerca del nulla nel profondo della natura, uno pseudo giornalista fallito alle prese con signori della guerra post-sovietici.

La mia guerra segreta è un libro stupendo. Sempre più a suo agio nella ritmicità della short story Philip Ó Ceallaigh tesse una tela di cinismo, buoni sentimenti e trivialità carnali degli esseri umani tratteggiando personaggi e vicende indimenticabili. Gli echi di Charles Bukowski, Raymond Carver e Dennis Johnson sono sempre più lontani conferendo autenticità al suo personalissimo stile. Gli attori su carta si muovono in scenari reali e di profondo disagio sociale; sono uomini e donne stanchi di essere scettici, solitari sbriciolati di ogni certezza, che si adattano a qualsiasi situazione, che sia una catapecchia senza bagno nella periferia di Tblisi o lo smarrimento di una caotica strada cairota con la responsabilità di un bambino da accudire.

Ho piazzato per terra una vecchia copia del Georgian Times e mi sono accovacciato sopra un articolo di Nathan. Il letto stava all’altezza degli occhi e diversi oggetti casalinghi mi fissavano. Sentivo voci nel vialetto. Ombre attraversavano le tende. Mi sentivo vulnerabile come un cane per strada. Mi sono pulito con un altro articolo di Nathan. Ho attaccato a ridere, ricordandomi della franchezza con cui aveva atteso il mio verdetto sul suo lavoro. Fognatura batte scrittura uno a zero.