Politica

Di Maio sta coi partigiani? Allora chiuda il covo di Casapound

Il teatrino pre-elettorale dei Cinquestelle sta raggiungendo un’intensità senza precedenti. Pur di differenziarsi da Matteo Salvini che li sta inesorabilmente cannibalizzando, i pentastellati si affannano a evidenziare ogni possibile tratto distintivo di sinistra e in questo momento magico può accadere perfino che Luigi Di Maio scopra l’antifascismo e il 25 aprile.

Cosa accadrà dopo le Elezioni europee non è chiaro. Nonostante questi sforzi sovrumani, il disastro elettorale dei Cinquestelle è annunciato ed è il frutto velenoso e inevitabile della scelta catastrofica di fare il governo con la Lega e di genuflettersi a Salvini su quasi tutte le questioni di rilievo nazionale. Data la conclamata vocazione masochista del loro gruppo dirigente, è probabile che i Cinquestelle continueranno imperterriti a portare acqua con le orecchie a Salvini, finché non sarà quest’ultimo, sotto il peso delle urgenze economiche e delle spinte di un ceto imprenditoriale bramoso di impunità fiscale e grandi opere a manetta, a dare il benservito definitivo agli utili alleati.

Nel frattempo Di Maio scopre il 25 aprile e questo è sicuramente un bene. Ci deve spiegare però come questo inedito entusiasmo per la guerra di Liberazione possa conciliarsi con la visione di Salvini che riduce il principale evento della storia italiana contemporanea a una bega fra fascisti e comunisti, faccenda penosa e fastidiosa di cui gli italiani sarebbero stanchi e che sarebbe finalmente ora di mandare in soffitta. In questo Salvini si allinea a Silvio Berlusconi, che da tempo ha espresso il desiderio di sostituire la Festa della Libertà a quella della Liberazione, laddove
per libertà si intende quella dei ricchi imprenditori di evadere le tasse, sfruttare la manodopera e devastare ambiente e territorio.

D’altronde, anche l’antifascismo assume oggi un significato preciso concretizzandosi nelle lotte antirazziste, contro le discriminazioni e le barbarie nei confronti dei diversi che da sempre sono uno degli ingredienti principali di ogni forma di fascismo.

È noto come le fortune politico-elettorali di Salvini si basino proprio su ingredienti del genere, fomentando paure e paranoie di una classe media e di ceti popolari sempre più terrorizzati dalle dinamiche del capitalismo e sempre più disorientati e privi di riferimenti anche per il venir meno della sinistra tradizionale, travolta dalla nullità del suo gruppo dirigente.

Per dare una risposta – ovviamente distorta, strumentale e demagogica – a queste paure e paranoie, Salvini ha inventato parole d’ordine come “prima gli italiani”, chiamata alla guerra tra poveri come surrogato alla crisi dello Stato sociale, o la “chiusura dei porti”, tentativo di soffocare elementari sentimenti umanitari che dovrebbero albergare in ciascuno di noi, tacciandoli di odioso buonismo. Oppure ancora l’estensione della legittima difesa fino alla giustificazione più estrema, per trasformare un popolo che fu solidale in una congerie di piccoli proprietari armati fino ai denti e reciprocamente diffidenti. Insomma un vero e proprio progetto di trasformazione antropologica degli italiani, che ha nell’antifascismo e nella fedeltà ai valori della Costituzione repubblicana gli ostacoli principali.

Questo programma costituisce la piena negazione degli ideali della Resistenza e della Costituzione repubblicana. Non è pertanto casuale che Salvini trovi al suo fianco gruppuscoli conclamatamente neofascisti e neonazisti che cercano oggi affannosamente un proprio spazio politico alimentando un clima di ostilità contro migranti e rom, come avvenuto di recente a Torre Maura.

Se quindi Di Maio vuole dimostrare che la sua scoperta dell’antifascismo non è solo – come si ha ragione di temere – un vacuo discorsetto pre-elettorale, dia un segnale chiaro. Si impegni per la chiusura del covo di Casapound a Roma, invitando Virginia Raggi a procedere fermamente in tale direzione e fermando invece gli sgomberi di centri sociali, associazioni e altri luoghi di interesse pubblico. In questo la grillina Raggi è fino in fondo complice del processo di liquidazione della società civile e della promozione di quella incivile, basata sulle peggiori pulsioni antisociali di carattere anche razzista. Sarebbe ora che i Cinquestelle si schierassero nettamente contro tale progetto, se la riscoperta del 25 aprile e dell’antifascismo non è solo l’ennesima presa in giro pre-elettorale. Ma ciò ovviamente comporta la rottura definitiva con Salvini, rottura che costituisce oggi per i Cinquestelle l’unica possibilità di sopravvivenza. Riusciranno a capirlo prima che sia lui a scaricare loro? Si ha purtroppo motivo di dubitarne.