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Autostrade, la concessionaria vuol mano libera sull’aumento dei pedaggi. E contesta l’authority che mette paletti

Aspi e Aiscat contro l'ipotesi di nuovo sistema tariffario che punta a trasferire eventuali extra ricavi all'utenza e prevede tagli quando i profitti superano le previsioni. Secondo la società che fa capo alla Atlantia della famiglia Benetton queste disposizioni sono contro la Costituzione e le norme comunitarie. Il decreto Genova ha dato più poteri all'authority del settore. Toninelli: "Difendono extraprofitti e privilegi. Noi lavoriamo per l’interesse pubblico"

Autostrade per l’ItaliaAiscat, l’associazione delle concessionarie autostradali, non ci stanno a rinunciare agli usuali aumenti dei pedaggi che puntualmente incassano ogni anno. E contestano la delibera del 19 febbraio scorso con cui l’Autorità di regolazione dei trasporti ha avviato e sottoposto a consultazione un iter mirato a fissare nuovi paletti alle tariffe anche per le concessioni già in essere, prevedendo che gli aumenti siano legati al livello del servizio e soggetti a riduzioni quando i profitti superano le previsioni. “Aiscat difende extraprofitti e privilegi gestori privati. Noi lavoriamo per l’interesse pubblico”, attacca il ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli.

In particolare Aspi, il concessionario che fa capo alla Atlantia della famiglia Benetton, “contesta radicalmente la legittimità del perimetro di applicazione del nuovo sistema tariffario” e la presunta “illegittimità costituzionale ed incompatibilità comunitaria delle disposizioni legislative rilevanti e necessità di una interpretazione costituzionalmente orientata”. Salvo precisare, dopo la pubblicazione di stralci del documento da parte delle agenzie di stampa, che “non si sottrarrà ad un dialogo costruttivo” e che “le tariffe sono già oggi ampiamente inferiori alla media delle altre concessionarie italiane e alle tariffe medie applicate nell’Unione Europea”.

Il nuovo sistema è stato proposto dall’autorità dei trasporti guidata da Andrea Camanzi dopo che il decreto Genova ha stabilito che l’authority non è competente solo sulle nuove concessioni ma ha anche compiti di verifica su tariffe e assetti regolatori di quelle vecchie. Il rafforzamento dei poteri è stato deciso in seguito al crollo del Ponte Morandi sul tratto di autostrada in concessione proprio ad Aspi, quando emerse come il sistema dei pedaggi garantisse remunerazioni molto alte per gli investimentiLa delibera Art prevede, come aveva anticipato Il Sole, l’entrata in vigore di un sistema tariffario unico con tariffe uguali per ogni gestore e tagli programmati per costringere gli operatori a cercare di ridurre i costi e ulteriori riduzioni quando i profitti superano le previsioni. Il nuovo sistema si basa infatti sul principio del price cap, “finalizzato a trasferire direttamente, in termini di riduzione tariffaria, eventuali “extra-ricavi” correlati al fatto che i volumi di traffico a consuntivo si rivelino eccessivamente superiori alle previsioni di traffico” e sulla “definizione di un articolato meccanismo di penalità/premi per la qualità dei servizi offerti (…) con effetto diretto sulla tariffa all’utente”.

L’idea che gli aumenti siano legati solo al miglioramento del servizio e calmierati dall’imposizione di un recupero di efficienza nel tempo evidentemente non piace ad Autostrade per l’Italia che nelle sue osservazioni sottolinea, tra l’altro, la “carenza di potere dell’Autorità a definire un nuovo sistema tariffario per le concessioni già in essere” e si fa notare come il sistema tariffario di Aspi sia già fondato sul ‘price cap’. Il principio era in effetti stato stabilito 20 anni fa, ma, scriveva sempre Il Sole 24 Ore, poi si fecero eccezioni. Aspi sostiene che “sotto il profilo europeo, le disposizioni in esame alterano in modo unilaterale ed ex post la disciplina di rapporti concessori in essere. Esse si pongono pertanto in contrasto con principi essenziali dell’ordinamento economico dell’Unione, quali il principio pacta sunt servanda ed i principi di certezza e prevedibilità del quadro regolatorio delle attività economiche”.

Aspi cita anche precedenti interventi della Commissione Ue in materia, quando nel 2006 era stata aperta una procedura di infrazione perché era stata “significativamente” modificata “unilateralmente” ed “ex post” da Roma “la disciplina tariffaria sancita dalle convenzioni vigenti in quel momento”, portando a “grave incertezza giuridica” ed essendo “un fattore di disincentivo agli investimenti”. Procedura poi conclusa nel 2018, quando Bruxelles “ha verificato che il regime concessorio di Aspi è fondato su corretti principi e criteri regolatori che, in quanto tali, non comportano alcun ingiustificato vantaggio per il soggetto concessionario, come sostenuto peraltro dalle stesse autorità italiane per tutto il corso dell’istruttoria di tale procedimento”. Secondo Aspi inoltre “risulta violato il legittimo affidamento del soggetto concessionario relativamente alla stabile prosecuzione del rapporto concessorio”, in quanto “il rispetto del principio di ragionevolezza richiede che le norme di legge siano interpretate in modo da non incidere in misura, appunto, irragionevole ed arbitraria su situazioni giuridiche già definite e su rapporti giuridici di durata, quali sono i rapporti concessori già in essere alla data di entrata in vigore di tali norme”.

L’Aiscat, l’associazione delle concessionarie autostradali, dal canto suo contesta “‘a monte’ il contenuto della delibera” dell’Autorità di regolazione dei trasporti sul sistema tariffario perché mette in campo una “revisione unilaterale del sistema tariffario per le concessioni in essere, in palese violazione delle norme nazionali ed europee in tema di contratti, certezza del diritto e legittimo affidamento”.