Cultura

Oggi è il Pi Greco Day, vogliamo festeggiarlo? Cominciamo smentendo un falso mito

Oggi è il giorno del Pi Greco. La redazione de Il Fatto Quotidiano me lo segnala con una strizzatina d’occhio. Le persone che la abitano sono così pazienti e gentili che non so resistere all’invito, nonostante ci siano almeno tre motivi per cui non amo questa ricorrenza. Ma l’occasione di parlare di un numero così importante è ghiotta, perciò: evviva π, evviva Pi Greco! (Sì, π è una lettera femminile, quindi forse si dovrebbe dire Pi Greca, ma siccome lo penso come un numero lo dico e lo scrivo maschile).

Un motivo di disagio è che non sopporto le ricorrenze. Tutte. Non so e non voglio sapere quand’è la Festa del papà o del nonno.

Un secondo fastidio è che il giorno fatidico è proprio questo solo per come è scritta la data: 3.14. Già, ma cosi la scrivono gli americani. Non bastava Halloween? Anche in questo diventiamo sempre più yankee? Pazienza.

Il terzo motivo di fastidio è matematico: 3.14, o piuttosto 3,14 all’italiana, non è π! Ne è un’approssimazione utile per fare i compiti e magari per qualche calcolo brutale, ma uno dei motivi d’interesse di π risiede proprio nella sua natura non riducibile a un decimale finito.

Prima di tutto: cos’è π? È il rapporto fra la lunghezza di una qualunque circonferenza e quella di un suo diametro. Che misuriamo entrambi in centimetri, in pollici o altro: il rapporto è sempre lo stesso numero. È un numero decimale che comincia con 3,14 ma che continua in un modo che nessuno potrà mai conoscere fino in fondo: è un numero irrazionale e trascendente. Ora spiego cosa significa.

Una prima grande suddivisione fra i numeri decimali è fra quelli periodici e quelli che non lo sono. Sono periodici i numeri in cui da un certo punto in poi c’è una stringa, il “periodo”, che si ripete all’infinito. È quello che succede, per esempio, a 2/3, se lo vogliamo esprimere in notazione decimale: se facciamo la divisione, il 3 sta nel 2 zero volte, quindi cominciamo scrivendo “0,”. Poi vediamo che 3 sta nel 20 sei volte, quindi scriviamo 0,6 e abbiamo un resto di 2, che si ripete ancora e ancora: proseguiamo con 0,66, poi 0,666 e così via per sempre. I decimali finiti sono periodici con periodo 0. Bene: tutti i numeri razionali, cioè del tipo p/q, dove p e q sono numeri interi e q è diverso da 0, quando li scriviamo in forma decimale sono periodici. E π? Lui no. Non solo non è un decimale finito – come il suo surrogato 3,14 – ma non è nemmeno periodico.

Chissà se c’è qualche lettore tignoso che ha pensato “E a te chi te lo dice che non è periodico? Li hai visti tutti i suoi decimali?”. Bravo lettore! Qui non è possibile una verifica diretta; l’unica via è logica, una dimostrazione. Ci pensò Johann Friedrich Lambert nel 1761. I numeri che, come √2 o come π, non sono razionali si chiamano irrazionali. A prima vista sembrano rari, ma al contrario quel meraviglioso pazzo di Georg Cantor dimostrò nel 1874 che l’insieme degli irrazionali è “più infinito” dell’insieme dei razionali. Quest’idea destò molto scalpore e avversione da parte anche di grandi matematici, ma la dimostrazione è di un’eleganza e di una semplicità sbalorditive.

Non basta. C’è un’altra suddivisione: i numeri possono essere “algebrici” o “trascendenti” (non fate troppo caso agli aggettivi: irrazionale non vuol dire, in questo caso, irragionevole; trascendente non vuol dire che viene dall’aldilà). Un numero è detto algebrico se c’è un polinomio a coefficienti razionali che dà 0 quando si sostituisce quel numero alla x. Per esempio √2 è un numero algebrico, perché annulla il polinomio “x2-2″. Tutti gli altri si dicono trascendenti; anche l’insieme dei trascendenti è più numeroso di quello degli algebrici. Bene, π è trascendente: lo dimostrò Ferdinand von Lindemann nel 1882. Quest’ultimo risultato risolse definitivamente un problema rimasto aperto per molti secoli: la trascendenza di π implica, infatti, l’impossibilità di effettuare la famosa quadratura del cerchio usando solo riga e compasso.

Il numero π compare in ambiti inaspettati: per esempio nella disuguaglianza che descrive il principio di indeterminazione di Heisenberg (meccanica quantistica), nel valore della zeta di Riemann calcolata per x=2 (teoria dei numeri), nell’equazione di campo di Albert Einstein (relatività generale) ed è essenziale nella forma dei numeri complessi, ideata da Eulero, che lega π a “e”, la base dei logaritmi naturali, e all’unità immaginaria “i”. Per questo π compare in una delle più belle uguaglianze esistenti al mondo: e+1=0.

Per scoprire, invece, come il Pi Greco ha ispirato letteratura, cinema e musica andate qui.