Donne

Stalking, ecco un pessimo modo per parlarne

Vorrei parlarvi di un cattivo esempio di giornalismo che in qualche modo legittima la mentalità maschilista. Un uomo deve stare ai domiciliari perché accusato dall’ex moglie per il reato di stalking. Lo stalking è quello che solitamente precede un femminicidio. Se allo stalker non viene detto chiaro e tondo che sta sbagliando e che tutti i suoi argomenti sono cacca lui potrebbe pensare di avere ragione e monta che ti rimonta quelle “ragioni” potrebbero portare a violenze ancora più gravi. Inutile poi sconvolgersi per la morte di una donna che già aveva denunciato più volte l’ex per stalking se quando abbiamo un’accusa per lo stesso reato si tende a banalizzare. Lo stalking non è prova d’amore da parte dell’ex marito. Lui non è stato “abbandonato” e nessuno dovrebbe fargli pensare che debba considerarsi tale. Come si disinnesca questa violenza che potrebbe sfociare in un femminicidio? Per esempio non scrivendo quello che ha scritto Il Resto Del Carlino in un articolo davvero imbarazzante.

Primo errore: descrivere una donna che lascia il marito come colei che “vuole tornare a essere una donna libera e divertirsi con amici e pretendenti”. Traduzione: lei vuole essere libera di scopare e fare la zoccola con chi le pare. Tanto per essere chiari. Questa è la mentalità che viene supportata scrivendo una frase così formulata. Separarsi e divorziare è un diritto e una donna che divorzia può fare quel che vuole. Non si capisce perché serva sottolineare un punto che finisce per giustificare la “gelosia morbosa” dell’ex marito.

Secondo errore: scrivere di lui che è stato “costretto ad andarsene di casa”. Ancora un modo per empatizzare con il presunto stalker. Ancora un modo per coccolare la sua rabbia e farla diventare qualcosa di più. Lei vuole “godersela” mentre lui, poverino, è stato costretto ad andarsene. Quanto c’è di vero in questo? Che notizie abbiamo che verifichino questa storia? Quanto è utile cercare giustificazioni al fine di descrivere l’accusa di stalking a carico di quest’uomo come fosse solo la conseguenza delle “cattive” azioni della ex? Chi è qui la vittima? Lui, accusato di stalking, o lei che lo ha subito? Se non si distinguono le due cose, anche qui, non serve poi sorprendersi se lui un bel giorno, convintissimo di essere una vittima, deciderà di farle ancora più male e forse ucciderla.

Terzo errore: perché mai si descrive lei come “l’amato bene” di colui che è accusato di averla resa vittima di stalking? L’amato bene di chi? Una donna non è un “bene”, non è una proprietà e se vittima di stalking, come di qualunque altro tipo di violenza, non è di certo “amata”. Un errore usare quel concetto in special modo se diventa premessa di un ulteriore insulto: quando lui teneva i bambini nei fine settimana lei non restava a casa ma “si dava alla pazza gioia”. Cosa dovrebbe fare una donna quando ha tempo per se stessa? Darsi al cucito e al ricamo? Fare la vedova triste? Cosa si intende per “pazza gioia” e perché pare che lui tenesse i bambini per fare un favore a lei? Non è degli uomini separati l’interesse a vedere i figli e a stare con loro il più possibile? O questo vale solo se lei non godrà di momenti di libertà per fare quel che vuole? E ancora con quel “pazza gioia” si sottintende qualcosa di sessuale. Così viene delineata l’altra giustificazione per l’accusato di stalking: va bene per l’uomo separato vedere i figli ma a patto che lei non esca e non si diverta. Poi non si lamentino i padri separati del fatto che certe donne non concedono loro di vedere i figli dato che la mentalità diffusa è maschilista e si realizza lasciando che solo la donna si prenda cura dei bambini anche per impedirle di “godersela”. Lasciarle i figli per tenerla impegnata e dunque virtualmente fedele all’ex marito.

Quarto errore: raccontare lo stalking come conseguenza. “Ha studiato uno stratagemma per complicarle… il divertimento”. Una frase di questo tipo che segue alle altre già citate sembra descrivere una conseguenza delle cattive azioni dell’ex moglie. Quello che questo articolo fa è sposare interamente il pensiero dell’accusato di stalking. Non c’è una parola che si riferisca alla vittima senza definirla con insulti che per quanto sottintesi restano comunque insulti.

Quinto errore: l’uomo aveva violato il divieto di avvicinarsi alla donna. Dunque aveva violato la legge. Tutto ciò non per colpe della vittima ma per sua stessa decisione. Ad una ulteriore denuncia la polizia risponde arrestandolo e quando una persona viene arrestata per poi assegnarle gli arresti domiciliari non è vittima di una cospirazione ai suoi danni e di certo non si può parlare di ingiustizia. Dunque perché il tono dell’articolo insiste colpevolizzando la vittima? Lui non è “confinato in casa”. Non si tratta di un esilio dovuto a chissà quali meritevoli ed eroiche azioni. Questo signore è stato denunciato per stalking e lo stalking è un reato grave che, per l’appunto, se non disinnescato per tempo porta solo al femminicidio. Scherzare su questo e concludere l’articolo dicendo che lei non può comunque andare in discoteca è veramente orribile. Se questa donna fosse stata uccisa con la solita scusa dell’ex che, poverino, “non accettava l’abbandono” cosa si sarebbe scritto di lei? Che era una che voleva “godersela”? Ma una donna non può semplicemente desiderare di vivere? E perché di un uomo separato non si parla mai in questo modo? Perché ci si pone il problema di come lei trascorra il suo tempo libero mentre lui tiene i bambini? Perché non ci si preoccupa mai del contrario?

Ho descritto cinque gravi errori beccati in un articolo che di errori ne ha forse di più. Non si può scrivere una cosa del genere e il giorno dopo, per l’appunto, sorprendersi del fatto che le donne muoiano ammazzate per mano degli ex. Se gli ex che commettono azioni violente vengono costantemente giustificati, vittimizzati, assegnando a lei ogni caratteristica demoniaca, sbagliata, da zoccola, giusto per non usare eufemismi, come si può sperare che la cultura cambi? Come si può sperare di prevenire il prossimo femminicidio? E il prossimo ancora, e quell’altro che verrà dopo. L’assassinio di una donna non avviene di punto in bianco ma in seguito a numerose altre azioni violente.

Se questa donna avesse negato all’ex di vedere i figli si sarebbe detto che è una stronza. Dato che glieli vuole fare vedere si dice che lo fa per “godersela”. Manca che si aggiunga che lei spenda il mantenimento dei figli per andare in discoteca e il gioco è fatto. Ecco tutte le giustificazioni maschiliste che legittimano un femminicidio.

La violenza di genere si può prevenire. Molte persone si chiedono come. Ecco, a cominciare da questo. Smettiamola di empatizzare con gli uomini violenti e cominciamo a ragionare guardando al punto di vista della vittima. Mettetevi al posto di questa donna e chiedetevi cosa fareste voi al suo posto. Soprattutto, se siete giornalisti, smettetela di scrivere articoli così penosi e sappiate che avete la responsabilità di fare di meglio. Grazie.