Società

L’ho visto, è dappertutto. È tornato e non si nasconde più

L’ho visto negli occhi della gente al supermercato, mentre esce fuori inventandosi una telefonata a caso o una fretta disinvolta, sfilando davanti al ragazzo di colore pronto a rimettere a posto i carrelli.

L’ho visto nello sguardo eloquente sull’autobus, mentre osservano le ciabatte in plastica improprie del giovane congolese che svelano piedi informi e assaliti dall’incuria.

L’ho visto nei gesti che proteggono i bambini, mentre passano accanto sagome ultronee rispetto alla conformità rassicurante del cappotto color cammello o dell’abito della signora culminante nel pellicciotto industriale che cinge flaccidi colli.

L’ho visto nelle alzate di bavero che sperano di separare l’aria per non aspirare le stesse particelle coesistenti in quegli attimi di prossimità al ragazzo che ti passa accanto, ma che indossa un altro colore da quel bianco così evidenziato dalle pupille dei suoi occhi.

L’ho visto nella curiosità morbosa e furtiva di chi ascolta parlare con altri suoni chi a due passi da lui aspetta fiducioso un segno di carità.

L’ho visto nella diffidenza di chi anche uscendo dalla chiesa per chi a mano aperta ti porge un segno di pace, ha solo una scusa pronta per sfuggire via.

L’ho visto nelle immagini di Castelnuovo di Porto dove donne, uomini e bambini sono improvvisamente diventati numeri invisibili tatuati nell’anima.

L’ho visto per strada e non al cinema o a teatro, nei linguaggi dei corpi, nelle consapevolezze ostentate, nei pensieri sottovoce, nella fisicità di un cambiamento di passo, di un improvviso cambio di direzione, di un marciapiede evitato, di una sciarpa che si innalza a chiudersi il volto. C’è, si vede a occhio nudo. Proprio come la corruzione.

C’è, si vede e non si nasconde più, come un tempo ci ha spinto a fare la nostra indole di viaggiatori e pionieri.

C’è, è tornato becero e viscido a serpeggiare nelle nostre case, nelle nostre strade, nelle nostre auto, nei nostri treni, nelle nostre scuole, nei nostri parchi gioco, nelle nostre piazze, un tempo gioiose e colorate di vita sorridente.

C’è come un mostro tornato, che sembrava abbattuto dalla storia e che invece si è insinuato nei nostri corpi, oltre che nelle nostre parole.

C’è, e chi non lo vede o pensa che siano tutte frutto di negazionismo all’incontrario, ovvero di affermazionismo strumentale, mente a se stesso.

C’è e si vede nella reazione isterica, nelle parole affrettate, ma c’è e trova alimento nelle immagini e nelle sequenze gratis che impregnano i nostri schermetti che ci portiamo dietro come fossero le nostre appendici cerebrali.

C’è, pronto a seppellirsi temporaneamente a ogni tragedia, a ogni ricorrenza ufficiale, nei giorni unici in cui facciamo appello alla memoria dimenticandoci di ciò che accade nel mare e nella terra accanto a noi.

Ho letto il bugiardino della pillola da somministrare: “può non aver effetto su pazienti di razza nera”. E allora è il caso di urlare in tutti i modi e in tutti i luoghi, disobbedendo se è il caso: “Adesso basta”!