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Cinema

Giornata della Memoria, così due mirabili documentari raccontano l’orrore persecutorio sugli ebrei dell’Europa dell’Est - 3/3

La forza testimoniale, dalla fotografia alla parola scritta. Non c’è limite creativo a chi voglia rivisitare la Storia per trasformarla in Memoria. È quanto accade grazie a The Dead Nation (in originale Tara Moarta) del romeno Radu Jude e Chi scriverà la nostra storia (in originale Who Will Write Our History) della statunitense Roberta Grossman

Non di meno è la potenza narrativa del lavoro della Grossman, per quanto questo elaborato su tre livelli di rappresentazione: footage d’archivio, intervistati mostrati (tecnicamente chiamate talking heads) e ricostruzioni dei fatti in sequenze di vero e proprio cinema di finzione. Certamente più ricco produttivamente rispetto al film di Jude, Chi scriverà la nostra storia è sostenuto da Nancy Spielberg, la sorella di Steven, e si avvale di voci Hollywoodiane quali Joan Allen e Adrien Brody, che ricordiamo commovente protagonista de Il pianista di Roman Polanski ambientato proprio nel Ghetto di Varsavia. Al centro è l’intenzione di drammatizzare il ritrovamento dei 60mila documenti tenuti sepolti sotto un’abitazione da parte del gruppo intellettuale Oyneg Shabes quasi fosse un’operazione archeologica di indubbia fascinazione; ma la regista, da sempre impegnata a sfondo politico e filantropico, va ben oltre, avventurandosi nel fragile territorio delle contaminazioni creative e narrative. I suoi personaggi “rivivono” sia grazie appunto ai filmati d’archivio che al loro mutare in attori che li interpretano, dal b/n storico al colore della finzione. Lo spettatore si trova a comprendere il materiale attraverso una “materia spuria”, complice e complessa, foriera di più strati linguistici e codici espressivi. L’intenzione è far comprendere che senza il sacrificio estremo dello storico Emanuel Ringelblum e della scrittrice e accademica sopravvissuta Rachel Auerbach come di tanti loro amici e compagni, la memoria degli ebrei rinchiusi nel Ghetto di Varsavia come altrove sarebbe passata per la propaganda nazista. E invece quel Chi scriverà la nostra storia (in originale History e non Story a significare lo statuto ufficiale del farsi cronaca) sono stati loro, le loro penne graffianti che diaristicamente rendevano conto degli accadenti e degli orrori perpetrati dal Terzo Reich. Una resistenza inimmaginabile che ha sortito un patrimonio – anche culturale per la varietà di materiale custodito e rinvenuto  – inserito nel 1999 nel Registro della Memoria del Mondo dell’UNESCO proveniente dalla Polonia, accanto ai capolavori manoscritti di Chopin e alle opere scientifiche di Copernico.