Musica

Sylvano Bussotti, un omaggio musicale per festeggiare gli 87 anni dell’artista

Sylvano Bussotti, compositore fiorentino, è anche pittore, poeta, regista di teatro e di film, costumista, scenografo. Per i suoi 87 anni, festeggiati nell’ottobre del 2018, il chitarrista e compositore tedesco Hans-Jürgen Gerung ha raccolto in un cd una ghirlanda di sei brani per chitarra: due dello stesso Bussotti, gli altri quattro di altrettanti allievi e ammiratori di Sylvano. Il florilegio, Ultima RARA – The Bussotti-Circle, è dunque l’omaggio offerto da un circolo intellettuale a un fulgido creatore, e dimostra quanto la sua personalità continui a irradiare chi gli è vicino in una comunanza di esperienze artistiche a largo raggio.

Luigi Esposito, uno dei compositori italiani brillanti del momento, stretto collaboratore di Bussotti e autore di una biografia del maestro, apre il cd con Wanted, una suite di cinque brani per chitarre (classica, acustica, elettrica): nel terzo è implicata anche la voce, che dà l’abbrivio declamando poche parole. La scrittura di Esposito è lineare, quasi scarna, eppure onusta di risonanze emotive. Vi si riconoscono suggestioni jazz, blues, rock. Seducente, in questo senso, il quarto pezzo, Rock Star, raffinatissimo nell’articolazione ritmica, ispirato nell’invenzione, trasparente nelle sonorità a tratti pungenti: dunque del tutto estranee alla carica massiva dei decibel invocata dal rock.

Della compositrice giapponese Mai Fukasawa il cd include Declarative Belfry (2006), per chitarra, viola e contrabbasso, poi revisionato per chitarra (2008). Esso si rifà a un’immaginazione sinestetica della compositrice: il suono della campana può suscitare bagliori luminosi. Su quest’idea era già imperniato il ciclo Luminary Pilgrimage, al quale Declarative Belfry idealmente si ricollega: il campanile (appunto belfry in inglese) si presenta perciò con il suo suono che evoca colori e insinua sogni. Il tutto è sapientemente giocato su sonorità diffuse, quasi impercettibili, che risuonano interiormente ammaliando l’ascoltatore.

Di un altro compositore nipponico, Hideiko Hinohara, è Il cigno pesarese, due fantasie con uno o più clarinetti, rielaborato da Gerung per chitarra nel 2003. Il brano, dedicato a Gioachino Rossini, assembla due pagine pittografiche con pentagrammi curvi e ritorti che si inseguono e si incrociano, e che rimandano, grazie ad andamenti musicali differenti, agli affreschi del Teatro del Sole a Pesaro e all’architettura del Teatro delle Muse ad Ancona.

In tutto il cd Gerung si manifesta esecutore magnifico. Puntuale, preciso, di volta in volta morbido o felino, con il gusto del particolare e però dotato di un’intelligenza vivida della forma. Non solo. È anche un compositore di tutto rispetto. Lo dimostrano i suoi Fantasmi nella foresta, sei rapinose miniature, evocazioni di esseri fantastici – Fauno, Ariel, Troll, Fata, Driade, Meliadi, Satiro – che popolano i luoghi mentali della fanciullezza. Scritte nella regione bavarese dell’Algovia (Allgäu), queste brevissime composizioni combinano l’immagine romantica e arcana della natura tedesca con la “presenzialità del ricordo”, dimensione temporale portante nell’opera di Bussotti. E con ciò si riconosce come e quanto la musica del Maestro continui a far fermentare la visione artistica dei suoi sodali.

Bussotti stesso chiude il prezioso cd con due brani memorabili. Il primo è Ermafrodito (1997), una “gran fantasia mitologica”, composto da sette momenti scenico-danzabili. Sylvano immagina che la creatura dal doppio sesso, immortalata nella statua ellenistica cui Gianlorenzo Bernini, su commissione del cardinal Borghese, procurò un marmoreo giaciglio (l’originale è al Louvre, una delle copie alla Galleria Borghese), si animi nella musica, ricordi momenti passati, riviva sensazioni, esali sospiri nel suono della chitarra, respiri con il corpo dell’esecutore. La voce umana – un fondamento della poetica bussottiana – introduce la musica e scompare, dà il titolo, svanisce, riaffiora.

Come sempre, Bussotti cita musiche proprie oppure del passato, inserite come cammei antichi in contesti compositivi nuovi. Upupa (n. 4) rimanda a Voliera del 1989; Farinello (n. 5) si abbandona alle Lachrimae del 1978; Statua (n. 7) fa espresso rinvio a Lumi miei, cari lumi di Battista Guarini nel terzo libro dei madrigali di Monteverdi.

A conclusione del cd ecco Ultima Rara – Pop Song, per chitarra sola o chitarra a tre. Il brano completa il ciclo RARA avviato nel 1962, acronimo di Romano Amidei, allora compagno del musicista. Voce parlante, chitarra, sospiri, fruscii evocano atmosfere, paesaggi sonori, sentimenti. Gerung realizza le tre linee delle chitarre con una sola chitarra, selezionando i frammenti, i percorsi, i timbri, i ritmi. Il virtuosismo del pezzo è notevole, la bravura dell’interprete stupefacente. Bussotti ha definito questa versione di RARA “unica, bella e carica di sensualità”.