Mafie

Catania, l’assessore Cantarella contestato al corteo per Pippo Fava. Si è imbattuto nell’antimafia vera

di Riccardo Orioles e Giovanni Caruso

Bisogna aiutare l’Africa a casa sua, certamente. E bisogna fare antimafia, un sacco d’antimafia. Lo dice Corrado Labisi, Gran Maestro della “Serenissima loggia del Sud”, promotore di convegni in Africa nonché fondatore della gloriosa “associazione antimafia Livatino” (premi, convegni e trombonate varie). L’hanno arrestato a luglio per una serie di imbrogli fra cui, pare, traffici di diamanti in Africa (“Aiutiamo le nostre tasche a casa loro”).

E chi è il propagandista di Labisi, il “fratello” vicedirettore del suo giornale? L’onorevole (spera lui) Fabio Cantarella, nemico di africani e barboni (memorabile il suo blitz a san Berillo col vice-Salvini Stefano Candiani, quest’estate), siciliano per caso ma brianzolo onorario, arrapatissimo al pensiero delle prossime elezioni: assessore a Catania (a che? ai rifiuti) non gli basta più, e deve in ogni maniera farsi vedere, mettersi in mostra, far parlare di sé.

C’è una manifestazione antimafia: che migliore occasione? E subito si fionda in prima fila, appena dopo lo striscione. Ma purtroppo per lui, non è una delle manifestazioni “antimafia” del Gran Maestro, ma antimafia vera, i Siciliani giovani addirittura. Una signora lo riconosce e garbatamente gli chiede che faccia là. Lui dà in escandescenze. La gente comincia a voltarsi, don Ciotti lo guarda perplesso, qualche ragazzo comincia a fare “Razzista! Via di qua!”. Lui imbestialisce, si lancia, arrivano i poliziotti e, urlante e scalciante, se lo portano via.

L’antimafia va avanti col suo corteo, e il nostro giorno dopo il Cantarella rilascia dichiarazioni e interviste sui suoi diritti di cittadino, sui “comunisti” cattivi e sugli “antagonisti” feroci che violentano e mettono al rogo chiunque non la pensi come loro. Ma tutto quel che è successo è che per una volta è incappato nell’antimafia vera, quella che non imbroglia la gente e non permette ai “fratelli” dei truffatori di giocare col nome di Giuseppe Fava. A parte ciò, ciascuno – nelle manifestazioni dei Siciliani – la pensa come vuole: è 30 anni che qui si fanno cortei unitari con tutti, dal notaio liberale all’“autonomo” arrabbiato, a condizione che almeno quel giorno tutti rispettino tutti e non siano, ovviamente, “fratelli” di gente losca. (Quella stessa mattina, ad esempio, la “nemica” – politicamente – assessora Barbara Mirabella era stata a trovare i Siciliani al Giardino di Scidà, con molta correttezza e cortesia, ed era stata accolta con la cortesia e correttezza che meritava).

Poi la politica c’entra, come c’è sempre entrata a partire da Giuseppe Fava. Che non era l’intellettualino borghese che piacerebbe a tanti, ma un militante civile, senza partito, che si batteva senza riserve per le cause umane: non solo l’antimafia (I quattro cavalieri dell’apocalisse mafiosa) ma anche il pacifismo (Ti lascio in eredità i missili di Comiso) e i dolori degli emigranti (La passione di Michele).

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I Siciliani di oggi, che non a caso si chiamano Siciliani giovani (e prima o poi qualcuno vorrà pur ringraziare, fra i grandi dell’antimafia, la generosità e l’impegno di questi ragazzi), continuano le idee e le battaglie di Giuseppe Fava, esattamente quelle, non una parola di meno, non una parola di più. Se Palma di Montechiaro, nel frattempo, si è spostata in Africa e se dalle valigie di cartone si è passati ai gommoni, e dai vecchi avvocati mafiosi ai nuovi allegri gerarchi padaneggianti, a noi non interessa: noi restiamo fedeli a Giuseppe Fava, e chi vuol dare una mano è benvenuto, e chi vuol far finta antimafia no. Di quest’ultima siamo i primi nemici e con essa, ci spiace, ma siamo del tutto intolleranti. Chiedetelo ad Antonello Montante, il capo di Confindustria finito in galera coi mafiosi: sono stati i Siciliani giovani a smascherarlo per primi, e figuratevi se abbiamo voglia di impietosirci di fronte a qualche “fratello” di loggia siculopadana.

Ci rivediamo l’anno prossimo, amiche e amici nostri, senza tante storie. Sempre a gennaio e sempre il cinque, sempre tutti diversi e tutti insieme, e sempre con la garanzia dei Siciliani, che qui antimafia fasulla non ce n’è e mai ce ne faremo entrare.