Società

Io non sono un ‘gilet giallo’

Non vale accettare le regole dell’avversario per poi lamentarsi di aver perduto contro di lui. Questa massa col gilet giallo è la ex aspirante classe media, quelli come noi. Hanno accettato di giocare al gioco sbagliato, fin da principio, come noi. Lavorare, acquistare oggetti per la gran parte inutili e dannosi, sprecare, inquinare, ammassarci in grandi città, disinteressarci del collasso del pianeta, ridurre a zero le relazioni sociali, impedirci qualunque tempo della riproduzione spirituale, esistenziale, devoti solo alla crescita, al denaro, all’ambizione verso modelli plastificati. Oggi spaccare tutto non serve, e neanche manifestare. Il potere ci va a nozze coi disordini di piazza, gli servono come il pane, semmai si preoccupa quando non ci sono. Lui ha la polizia, le leggi, ed è bravissimo a distinguere sui suoi giornali tra “gruppi di facinorosi” e il resto della popolazione.

Siamo rivoltosi davvero, invece di perdere tempo e dignità. Non cerchiamo di cambiare le regole del gioco, va cambiato il gioco. Giocando a quello della ricchezza, dei modelli del consumo, del lavoro a oltranza, della crescita… si perde. È come con le slot-machine, si perde sempre. Ma c’è un gioco a cui si può vincere, a cui il potere ha il terrore di giocare, perché sa che perderà lui. Eccome se c’è… Basta assumersi la responsabilità del proprio destino, basta lavorare come individui, “monaci shaolin” determinati, quotidiani, inesorabili, radicali, che nessuno può dissuadere, a un diverso schema, a una vita diversa, originale, nostra, umana. Una vita che nessuno può controllare.

Prima della tentazione di un fatto eclatante anche da noi, o dell’avvento dell’immancabile Spartacus, cosa che sta per verificarsi, rigettiamo il gioco. Occorre rifiutare le regole del consumo per come sono state codificate; occorre vivere altrove, diversamente, facendo tutto il possibile da sé; occorre uscire dai grandi canali di comunicazione, smettere le vie del traffico e dell’affollamento; occorre ridurre il consumo di energia, autoprodurla, scaldarsi, cucinare, gestire i propri rifiuti diversamente; occorre scampare l’obbligo del lavoro totalizzante, utilizzare il tempo per vivere in modo differente; occorre preoccuparsi individualmente delle sorti del pianeta, il serial-killer che sta sfasciando la porta mentre noi siamo distratti a parlare di decreto sicurezza, e che presto lo renderà vano perché verremo spazzati via; occorre avere il coraggio di immaginare un’altra vita, propria, autosufficiente per il possibile. Ridurre i punti di possibile ricatto del sistema è possibile. A quel punto potremo affrontare un negoziato tutto diverso col sistema.

Diversamente, potremo fare solo la valvola della pentola a pressione. Potremo solo fischiare così forte in piazza da far sembrare prossima chissà quale esplosione. Ma quella valvola, in realtà, l’esplosione la evita. Scarica la tensione, fa abbassare pressione e temperatura. La governa il potere quella valvola, perché il giorno dopo noi si possa tornare tutti accalcati nel metrò, sulla tangenziale, ordinatamente, a interpretare il ruolo che ci è stato affidato. Quello della massa prona, che accetta con una firma tutto il contratto, clausole letali incluse.

Il gilet giallo si indossa quando c’è stato un incidente. Cerchiamo di evitarlo, quell’incidente. Non imbocchiamo quell’autostrada, prendiamo una via laterale. Dovunque ci porti sarà meglio che a quell’impatto.