Zonaeuro

Quello che dicono sullo spread. E che non è vero

Cos’è lo “spread” per i mercati lo hanno già spiegato dozzine di volte, eppure la maggioranza degli italiani ancora non lo sa. Ma non è colpa loro se non hanno abbastanza reddito per avanzare qualcosa da mettere nel risparmio. Quindi cosa volete che gliene importi di sapere cos’è lo spread e perché fa male quando sale?

Fa male a chi? A chi non li può comprare, questo è sicuro. Si, perché io e alcuni miei amici, dall’America ne abbiamo comprati un po’ proprio a novembre del 2011 e abbiamo fatto un’affarone: Btp decennali con un rendimento sopra il 7% chi li trova più? Peccato solo che non avevo più soldi, se no avrei investito di più.

Dicono: avete corso un bel rischio! Certo, chi investe corre sempre qualche rischio, ma con Monti al governo e Draghi alla Bce era davvero tanto grave quel rischio? L’unico vero rischio era che Monti mi tagliasse ancor più la pensione (Ok, era solo un prestito, ma poi ci ha pensato quel galantuomo di Renzi a tagliarmela definitivamente).

No, davvero, non scherziamo, l’Italia è mica una banchetta di provincia che può fallire! Le banche grandi (incluse quelle americane) erano, e sono tuttora, “Too big to fail”. Lehman Brothers è fallita perché Henry Paulson – ex segretario al tesoro degli Usa – ha voluto vedere “l’effetto che fa”. Ma l’Italia è uno Stato sovrano e gli Stati sovrani non possono fallire (va beh, solo quelli grandi, gli altri vengono sottomessi), quindi al massimo ti costringono a rinegoziare il debito e ti danno una purga che devi prendere (come la Grecia o come l’Argentina). Infatti avevo anche delle “Argentina” acquistate nel 2000 e, anche se non ho preso quel 10% che era promesso nel titolo originario, ho pur sempre portato a casa un buon tasso rinegoziato e il capitale intero a scadenza.

Comunque, a beneficio di chi ancora non lo sa, diciamolo un’altra volta: lo spread (di cui si parla ancora oggi con ingiustificato terrore) non è altro che l’indicatore della differenza tra il rendimento che danno i titoli decennali tedeschi e quelli italiani. È alto quando i titoli tedeschi rendono meno di quelli italiani. Quindi se rendono di più, tutti comprano i titoli italiani, no?

No! Ma perché? Perché (dicono) i titoli italiani hanno un rischio maggiore. Quale rischio, quello di guadagnare di più come ho fatto io nel 2011? No (dicono), è il rischio che l’Italia esca dall’euro perché non ce la fa a pagare i debiti. Ma chi lo dice, il governo? I leader dei partiti di maggioranza? No, lo dicono i maggiori giornali e i principali telegiornali. Allora mettete in galera quei direttori per turbativa dei mercati, perché se nessuno nel governo e nessun leader nella maggioranza politica lo dice è solo turbativa creata a semplice scopo politico.

Dicono: non c’è bisogno che lo dicano quelli al governo, basta fare quattro conti e si vede benissimo che con tassi a quel livello l’Italia non ce la può fare a pagare il suo debito. Vero! Ma allora bisogna mettere in galera anche chi ha deciso di fare la moneta unica e ha lasciato i titoli dei singoli Stati ciascuno quotato per conto suo. Come fa uno Stato partito già con un debito più alto a recuperare sugli altri se, proprio per il suo debito, deve pagare più interessi degli altri? Demenziale!

Infatti Draghi (ma anche Juncker), appena arrivato alla Bce, voleva avere anche l’Eurobond, un titolo unico europeo, insieme all’euro e alle altre misure per arrivare a un bilancio unico europeo, ma i soliti noti glie lo hanno impedito. Risultato: è proprio mantenendo questi spread differenziati tra gli Stati aderenti all’euro che si mantengono le distanze all’interno dell’Europa.

Allora ribadisco quello che ho già detto nel mio precedente post: il momento migliore per procedere all’unificazione sarebbe quello del completo equilibrio tra gli Stati aderenti, ma siccome si tratta di pura utopia, facciamo questa Europa unita adesso, non c’è più tempo da perdere, gli spread sono solo lo specchio della disunione, servono solo (a quelli che gli conviene) a mantenere le distanze e a comandare più degli altri con la scusa di debiti che, con le loro sciagurate politiche economiche, aiutano a ingrossare non a diminuire.