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Unione europea, Afd e Kurz contro l’Italia. La grande contraddizione del ‘nazionalpopulismo’

Anche la tedesca Alice Weidel non ci sta: ha bocciato gli alleati italiani, in particolare la Lega “denordizzata” (appena diventata ufficialmente un partito “sovranista”, dopo la tentazione salviniana di eliminare dal simbolo l’Alberto da Giussano di bossiana memoria). Ha detto: “Quella del governo italiano è una manovra folle. Perché dobbiamo pagare noi per gli italiani?”.

Non è una battuta pronunciata dagli odiati “burocrati di Bruxelles”, cui i vicepremier Matteo Salvini e Luigi Di Maio, stella polare dei 5Stelle, lanciano ogni giorno anatemi. La Weidel è leader di Afd (Alternative für Deutschland): uno dei partiti nazionalpopulisti all’arrembaggio nell’Unione europea (in Germania è il terzo come consensi) e, in teoria, sostenitore dell’esecutivo pentaleghista.

In un post pubblicato su Twitter e Facebook, la capa di Afd ha sparato cannonate oltre le Alpi: nel mirino, “l’orrendo indebitamento italiano”. Citando sapientemente Obelix e Asterix, ha aggiunto: “Sono pazzi, questi romani!”. Poi non ha usato mezzi termini. “Sarà la Germania a pagare” per le misure economiche decise a Roma. Quindi si è chiesta quello che si domandano tanti, esclusi i fan pentaleghisti: “Come si può vendere il concetto che 500mila italiani andranno in pensione, ma che ci saranno anche un reddito di cittadinanza e una flat tax?”.

Infine, la leader ha mollato un cazzotto direttamente al suo “alleato” leghista: “Quando la Ue ha bocciato la manovra, il ministro dell’Interno Salvini ha borbottato ’Nessuno prenderà un euro dalle tasche degli italiani’. A quanto pare sorvola sul fatto che l’Italia sarebbe finita insolvente senza la flebo dell’Unione europea“. Lo scorso 4 ottobre, in un’intervista a Repubblica, la donna politica tedesca aveva già criticato la presunta debolezza delle Lega nei confronti del M5s e aveva aggiunto: “Salvini “propone ‘Prima l’Italia’, lo capisco. Ma non può proporre follie”.

La presa di posizione della Weidel non è un’eccezione fra i cosiddetti sovranisti europei. Il cancelliere austriaco Sebastian Kurz, nazionalista applaudito dalla Lega per i suoi metodi sull’immigrazione, poco prima aveva intimato alla Commissione europea di non accettare (così poi è accaduto) la proposta romana. “Deve respingere la manovra italiana – aveva scritto su Twitter – Non siamo disposti a pagare i debiti degli altri Stati”. Poi, in una nota ufficiale: “L’Austria non è pronta a sostenere i debiti degli altri Paesi, mentre questi Stati scientemente contribuiscono all’incertezza dei mercati finanziari. Ora l’Ue deve dimostrare di aver imparato dalla crisi della Grecia”.

E il 26 ottobre, in un’intervista al Sole 24 Ore, ha appena ribadito: “L’Italia non può diventare una seconda Grecia. Per come è stata proposta, la manovra finanziaria italiana non può essere accettata e non rispetta il patto di stabilità”. A queste prese di posizione, si aggiungono quelle sui migranti. I Paesi governati da sovranisti – in testa l’Ungheria di Orbàn, ma anche SlovacchiaPolonia e altri – nelle ultime settimane hanno fatto sapere al nostro governo di non avere intenzione di accogliere neppure uno dei profughi che, per ragioni di vicinanza geografica, sbarcano in Europa scegliendo le coste italiane. È una situazione paradossale, in cui gli alleati del governo legastellato sono i primi a prenderlo a mazzate.

Tutto ciò conferma che il problema è questo: un club europeo di governi e partiti sovranisti e nazionalpopulisti non può essere formato da alleati solidali ma solo da “alleati rivali”, perché – se il principio è “prima noi” (cioè prima i tedeschi, gli italiani, gli austriaci, gli ungheresi, i polacchi, gli slovacchi, ecc, a seconda del nazionalpopulismo di turno) – non si può pretendere che quei “noi” vogliano sacrificarsi per altri “noi”. Il progetto che costoro vogliono portare avanti, in caso di eventuale (e non impossibile) vittoria nel 2019 con le elezioni per il Parlamento di Bruxelles, non può che portare alla fine dell’Unione: al di là delle loro promesse e al di là persino delle loro intenzioni ufficiali, ammesso e non concesso che siano in buona fede. L’unica unione possibile tra Paesi con principi sovranisti può essere un’alleanza militare e razzista, non un’alleanza solidale e umanista.

A quest’ultimo proposito, viene da pensare – per lo meno a chi non considera la Storia un insulto per la “volontà del popolo” – a un’alleanza già sperimentata: il Patto d’acciaio tra Germania e Italia. È stato un accordo tra i governi del Regno d’Italia, sotto il fascismo, e della Germania nazista; venne firmato il 22 maggio 1939 dai ministri degli Esteri Galeazzo Ciano e Joachim von Ribbentrop a Berlino nella Cancelleria del Reich, alla presenza di Hitler e dello Stato maggiore tedesco. Il patto stringeva un’alleanza sia “difensiva” sia “offensiva” fra i due Paesi, che erano così obbligati a fornire reciproco aiuto politico, diplomatico e anche militare in caso di situazioni internazionali che mettessero a rischio i propri “interessi vitali”. Sappiamo – e lo sanno persino i pentaleghisti più focosi – come è andata finire: malissimo, per tutti. E proprio da quel disastro immane nacque quella che oggi è l’Unione europea. Guarda caso.