Scuola

Lampedusa, il silenzio del Miur. Non sia mai che ricordare una tragedia possa far capire il mondo ai ragazzi

Il 3 ottobre 2013 è stato uno dei giorni più tristi della nostra storia recente: 368 persone sono morte in mare a poche centinaia di metri dalla costa di Lampedusa. Da allora molti dei ragazzi sopravvissuti, in maggior parte eritrei, tornano nell’isola in quella data a commemorare quella tragedia. Il ricordo viene anche mantenuto vivo da una serie di iniziative, molte delle quali riguardanti le scuole di ogni grado.

Tra le istituzioni che appoggiavano questo evento c’era anche il Miur. C’era, perché mentre nei due anni precedenti, da quando il Parlamento italiano aveva istituito per legge la Giornata della memoria e dell’accoglienza, aveva offerto il proprio sostegno a diverse iniziative organizzate dal Comitato 3 ottobre e riguardanti la scuola.

Nel giugno scorso era stato pubblicato un bando, rivolto ai ragazzi delle scuole di secondo grado, dal titolo Porte d’Europa. Gli studenti erano stati chiamati a gemellarsi con un liceo europeo e a preparare elaborati e progetti destinati a essere esposti in questi giorni nella sezione giovani del Museo della fiducia e del dialogo di Lampedusa. Progetti che, secondo quanto scritto sul bando, “si propongono di sviluppare la cultura della solidarietà, dell’accoglienza e del dialogo fondata sul rispetto dei diritti umani”.

Molte scuole hanno aderito all’iniziativa e hanno atteso che il ministero della Pubblica istruzione si pronunciasse sugli elaborati e assegnasse il premio. Nulla. Silenzio. Quella “cultura della solidarietà, dell’accoglienza e del dialogo fondata sul rispetto dei diritti umani” citata nel bando, non è proprio in linea con le politiche del ministro dell’Interno e dei suoi stellato-compiacenti sodali. Quindi, non sappiamo se per esplicite direttive o per autocensura di funzionari più realisti del re, meglio lasciare perdere. Non sia mai che qualche giovane pensi che ricordare una tragedia della povertà sia utile a capire meglio cosa accade nel mondo.

Il danno è fatto, ma non si può tacere e credo che ora sia assolutamente doveroso, se non altro per “comune decenza” – come avrebbe detto George Orwell – che tutti gli insegnati di ogni grado di scuola assumessero una posizione netta e forte contro tale atteggiamento, che offende la scuola tutta. E non credo siano sufficienti appelli a Mattarella o altre dichiarazioni, bisogna agire in modo inequivocabile, compiendo qualche atto concreto, che faccia capire al Miur che con iniziative del genere non rappresenta coloro di cui dovrebbe occuparsi.

Giuseppe Antonio Borgese; Ernesto Buonaiuti; Aldo Capitini; Mario Carrara; Gaetano De Sanctis; Antonio De Viti De Marco; Floriano Del Secolo; Giorgio Errera; Cesare Goretti; Giorgio Levi Della Vida; Fabio Luzzatto; Piero Martinetti; Bartolo Nigrisoli; Errico Presutti; Francesco Ruffini; Edoardo Ruffini; Lionello Venturi; Vito Volterra.
Sono i pochi docenti che, su 1200, nel 1931 si rifiutarono di giurare fedeltà al regime fascista. Occorre muoversi, prima che sia troppo tardi.