Mondo

Argentina, si dimette il presidente della Banca centrale. Paese paralizzato dagli scioperi contro l’austerità

Luis Caputo ha rinunciato a poco più di tre mesi dall'assunzione dell'incarico. Secondo i media argentini dietro l'abbandono c'è un braccio di ferro con il ministro delle finanze Nicolás Dujovne finito a favore di quest'ultimo. Intanto è andata in scena una nuova mobilitazione contro Macri

A poco più di tre mesi dall’inizio dell’incarico Luis Caputo, presidente della Banca Centrale Argentina, ha dato le dimissioni. Ufficialmente lascia per “motivi personali”, ma i media argentini insinuano che dietro l’abbandono ci sia un braccio di ferro con il ministro delle finanze Nicolás Dujovne finito a favore di quest’ultimo. A sostituire Caputo sarà l’economista Guido Sandleris, fino a ieri sottosegretario per la Politica economica del ministero delle Finanze. La notizia della rinuncia all’incarico arriva in una giornata di forti tensioni a causa dello sciopero generale indetto dai sindacati contro le politiche di austerità del governo guidato dal presidente Mauricio Macri: il paese è paralizzato, tutti i trasporti pubblici sono fermi e il traffico aereo è interrotto.

Lo scorso giugno il paese, alle prese con il crollo del peso e una inflazione galoppante, ha chiesto un prestito di 50 miliardi di dollari al Fondo monetario internazionale (Fmi) per ristabilire “la fiducia per la situazione fiscale, finanziaria, monetaria e dei cambi”, come dichiarato da Macri. Che attualmente si trova a New York, insieme al ministro delle Finanze, per intervenire nell’Assemblea generale dell’Onu e chiedere al Fmi di erogare subito, e non “a rate”, i soldi del prestito ora in stand by, concesso in cambio di un serrato piano di austerità.

Qualche settimana fa Macri, eletto nel 2015, ha ammesso in diretta tv che il paese sta affrontando una vera “emergenza“: “Dobbiamo affrontare un problema fondamentale: non spendere più di quello che abbiamo, fare sforzi per bilanciare i conti dello stato”, ha detto. Di qui il varo di un pacchetto di misure di austerità che prevede anche imposte sulle esportazioni e l’eliminazione di alcuni ministeri per ridurre il deficit di bilancio. Scelte che hanno causato un’ondata di scioperi. La mobilitazione di giugno, secondo stime del governo, è costata all’Argentina un miliardo di dollari. Nel 2018 l’inflazione sarà superiore al 40%, il Pil calerà del 2,4%, la disoccupazione è in forte aumento e il peso è già svalutato del 50% dall’inizio dell’anno.