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Cinema

Tim Burton, i 60 anni del regista che ha creato un universo di incubi creepy e densi d’amore - 2/6

Un artista capace di conquistare il mondo con storie in cui i racconti dell'orrore di Edgar Allan Poe incontrano la magia fiabesca dell'immaginazione, ciondolando al ritmo imperfetto di mostruosità incredibilmente fragili e umane

Beetlejuice – Spiritello porcello (1988) – Per ironia della morte

Una criniera di capelli verdi, il fetore di un corpo ricoperto da muffe, due occhi stralunati inghiottiti dalle occhiaie, una fila di denti cariati dalla morte. Con il “bio-esorcista” Betelgeuse, Burton dipinge la sua prima maschera cinematografica combinando una buona dose di surrealismo al macabro squallore di un’anima tanto buffa quanto malvagia. Figlio di una manciata di settimane di riprese, lo “spiritello porcello” deve la propria fortuna alla straripante recitazione di Michael Keaton (Birdman e Il caso Spotlight), a cui il regista americano lasciò sostanziale carta bianca. Una scommessa pienamente ripagata da un interprete capace di conquistarsi la locandina pur occupando il proscenio per soli 17 dei 92 minuti totali della pellicola, infettando l’immaginario dello spettatore grazie a un’ironia tagliente e volgare, che arriva a farsi beffe persino della morte. La rappresentazione burtoniana affascina per il calore visionario di un aldilà comico e farsesco, annoiato dagli stessi inciampi burocratici che affliggono i vivi, tormentati – loro sì – da un’esistenza di orrori. Musicato da Danny Elfman, il film ottenne l’Oscar per il Miglior makeup a opera di Steve La Porte, Robert Short e Ve Neil, truccatrice della saga dei Pirati dei Caraibi e detentrice di ben otto nomination.