Fatti a motore

Marchionne, 14 anni di auto tra luci e ombre: dal funerale di Lancia allo stallo di Alfa, fino ai miracoli Jeep e Maserati

Uomo di numeri più che di auto, il manager italo-canadese ha risanato FCA ma finora ha dovuto rinunciare a ingenti investimenti su nuove tecnologie e modelli. Dal ridimensionamento di Lancia e Fiat al rilancio su Jeep

L’era industriale di Sergio Marchionne si consuma più velocemente del previsto. Il manager italo-canadese avrebbe dovuto lasciare FCA nella primavera 2019 mantenendo la guida di Ferrari fino al 2021, dopo esservi approdato quattordici anni orsono e averla salvata dal fallimento completando quattro anni fa la fusione con Chrysler; ma la prolungata degenza dopo un intervento chirurgico lo ha di fatto estromesso da tutte le cariche all’interno sia del sodalizio italo-americano (CNH e FCA) che del Cavallino, dove sarà sostituito dall’attuale membro del board Ferrari Louis Camilleri, con la presidenza affidata a John Elkann. Marchionne, che divenne amministratore delegato del gruppo il 1 giugno 2004 dopo essere stato consigliere d’amministrazione di Fiat S.p.a. dall’anno precedente, lascia una multinazionale dai bilanci sani ma con un portafoglio prodotti tutto da definire. Del resto, non è mai stato quel che nell’ambiente si definiva un car guy. Ovvero un esperto di automobili. Uomo dalle indubitabili competenze economico-finanziarie, si è trovato di fronte a una situazione complicata proprio dal punto di vista dei nuovi modelli.

AUTO ELETTRICHE E A GUIDA AUTONOMA: MARCHIONNE DI TRAVERSO 
Ma andiamo con ordine. In quasi tre lustri di storia dell’auto ne è passata tanta, tantissima di acqua sotto i ponti, specie negli ultimi anni: lo scandalo emissioni diesel ha inevitabilmente e irreversibilmente fatto virare il settore automotive verso le tecnologie di elettrificazione – anticamera della mobilità 100% elettrica – e guida autonoma, il tanto agognato pilota automatico per automobili che promette di trasformare ogni vettura in un salotto viaggiante. L’approccio di Marchionne a questi nuovi orizzonti tecnologici non è mai stato particolarmente lusinghiero, anzi: in principio, complici pure le perdite generate dalla Fiat 500 elettrica venduta negli USA, l’ad guardava con diffidenza le auto a zero emissioni, indicandole come economicamente insostenibili e addirittura dannose. Una posizione che il manager, giocoforza, ha dovuto rivedere negli ultimi mesi, anche per non rischiare di essere fagocitato dalla concorrenza. Discorso analogo per la guida autonoma, rispetto a cui FCA ha mantenuto fino all’ultimo una posizione attendista e, forse, più concreta rispetto al resto del comparto.

ALFA ROMEO, MODELLI POCHI E VENDITE SOTTO LE ATTESE
Tuttavia Marchionne – laurea in filosofia, un passato in Philip Morris e nel mondo della finanza – fedele alla sua vocazione ha avuto come suo principale obiettivo in questi anni quello di “creare valore per gli azionisti”. Il rovescio della medaglia, come scritto poc’anzi, è un’offerta di prodotto zoppicante. Prendiamo Alfa Romeo: al suo arrivo Marchionne si trovava a listino modelli come la compatta 147, la media 156 e l’ammiraglia 166, progetti figli della metà degli anni ’90. Nel 2005 arrivarono 159 e Brera, già ingegnerizzate prima dell’arrivo del nuovo amministratore delegato del Gruppo. La prima Alfa dell’era Marchionne, quindi, è stata la compatta Giulietta, sulla breccia dal 2010. Dopo di che buio totale fino al 2016, quando sono arrivate Giulia e Stelvio, figlie di un progetto di rilancio del marchio datato 2014: avrebbe dovuto portare alla vendita di 400mila unità entro quest’anno, pure grazie alla nuova ammiraglia. Oggi, invece, le vendite complessive si aggirano a circa 1/3 di quanto preventivato e il target è stato rimandato al 2022, come annunciato nel nuovo piano industriale presentato lo scorso 1° giugno.

FIAT, UN FUTURO TUTTO EUROPEO CON LE PICCOLE PANDA E 500
Poi c’è Fiat, una realtà in chiaroscuro: la marca ha di fatto abbandonato il segmento di utilitarie e superutilitarie, che hanno fatto la storia della mobilità italiana. Via la Punto e la Grande Punto (quest’ultima datata 2005 e poi ribattezzata Punto, senza “Grande”) e addio ai segmenti che erano coperti da Croma (2005), Freemont – riconversione della Dodge Journey, datata 2011 – ma anche dalla Multipla (1998-2010). In pratica il futuro del marchio è destinato ad avere un respiro quasi esclusivamente continentale (infatti, Fiat verrà probabilmente ritirata dagli USA e dalla Cina), basato su quelle che sono state le scommesse vinte dalla Fiat dell’epoca Marchionne: ovvero, 500 e Panda e relative declinazioni. Saranno loro le uniche certezze di un domani in cui non sopravvivrà nemmeno la Tipo.

LANCIA ADDIO: È RIMASTA SOLO LA COSTOSA Y
A Lancia è andata peggio: il marchio ha perso progressivamente quota ed è diventando un brand regionale “mono-modello” rappresentato solo dall’inossidabile Ypsilon. Col termine della sua produzione la marca cesserà di esistere: e ciò rappresenta, senza “se” e senza “ma”, il punto più basso della gestione di questi anni. Sono pochi i marchi che possono vantare un valore storico e sportivo come Lancia, sbriciolato negli ultimi anni da maldestre e fallimentari operazioni di riconversione di prodotti Chrysler (divenuti Lancia Thema, Flavia e Voyager) ma pure da modelli discutibili, come la Delta dal 2008. Eppure la spendibilità di alcuni valori dal brand, lusso e trazione integrale in primis, avrebbero potuto dare forma ad una sorta di Audi all’italiana, specie ora che c’è la meccanica dell’Alfa a fare da spina dorsale.

IL GRANDE SUCCESSO DI JEEP E MASERATI
Chiudiamo in bellezza, analizzando quanto fatto da Maserati e Jeep, vere e proprie galline dalle uova d’oro: il marchio del Tridente ha beneficiato dell’arrivo di Ghibli (2013) e, soprattutto, del suv Levante (2016), che hanno spinto le vendite a livelli mai raggiunti prima. La redditività è molto alta e Maserati è, di fatto, candidata a essere la migliore alternativa a competitors come la Porsche, specie quando arriverà la nuova suv di segmento D, più piccola della Levante. Rimangono, però, in gamma auto estremamente anziane, come la GranTurismo, in produzione dal 2007. Dulcis in fundo il miracolo Jeep, pilastro di FCA e unica vera certezza del gruppo: l’espansione dell’offerta commerciale verso il basso – con Renegade e Compass – è stata una manna per le vendite dell’asset più globale del portafoglio FCA. Il resto lo faranno i modelli luxury, come Wagoneer e Grand Wagoneer attesi fra un paio di anni, e mostri sacri come la Wrangler. Per tutte le Jeep, ma anche per Fiat, Alfa e Maserati, il mantra per il futuro è “no al diesel, sì all’ibrido e all’elettrico”.