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Economia

Flat tax, ‘senza coperture pochi effetti su investimenti e consumi’. I precedenti dagli Usa di Reagan alla Russia di Putin - 5/5

L'economista Perotti: "Per evitare un buco nei conti ogni euro di tasse risparmiate dovrebbe tradursi in 2,5 euro di spese aggiuntive. Inaudito". Daveri: "Se si finanzia in deficit non è sostenibile, quindi scoraggia le imprese dall'investire. I consumi? I maggiori vantaggi saranno per i ricchi, che risparmiano di più in proporzione al reddito". Fantacci: "Con i tagli di Reagan esplose il debito, in Gran Bretagna la Thatcher lo evitò decimando i servizi. E crebbe la disuguaglianza". In Russia dopo la riforma gli introiti fiscali sono saliti, ma la spiegazione sta nell'aumento del prezzo del petrolio e dei salari

La flat tax russa? “Risultati grazie all’aumento dei salari e del prezzo del petrolio” – Com’è andata invece, in tempi più recenti, nei paesi che hanno introdotto una flat tax? Una ricerca di Silvia Gatteschi, junior economist dell’Osservatorio sui conti pubblici diretto da Carlo Cottarelli presso l’università Cattolica di Milano, passa in rassegna le esperienze di Russia, Lituania, Lettonia, Estonia, Ucraina, Slovacchia, Georgia e Romania. Solo nei primi tre Paesi, sugli otto considerati, il rapporto tra entrate fiscali e pil è salito dopo l’introduzione della flat tax. Ma le spiegazioni sono ben diverse. Nel caso di Lituania e Lettonia, il “trucco” è che le due repubbliche baltiche hanno allineato il livello della flat tax all’aliquota marginale più alta tra quelle in vigore prima della riforma: rispettivamente il 33 e il 25%. Una ricetta esattamente contraria rispetto a quella proposta dal nuovo governo italiano. La Federazione presieduta da Vladimir Putin invece nel 2001 ha sostituito i tre scaglioni di aliquote al 12, 20 e 30% con una “piatta” del 14%. Le entrate, al netto dell’inflazione, sono cresciute a doppia cifra e il pil ha registrato progressi notevoli. Ma “probabilmente l’aumento del prezzo degli idrocarburi ebbe un effetto rilevante”, prosegue lo studio, ricordando che “il prezzo del petrolio raddoppiò tra il 1998 e il 2002″. Non solo: Francesco Daveri fa notare che la stretta di Putin contro l’evasione ha certamente avuto un ruolo nell’imponente allargamento della base imponibile. “Da noi invece si parla di pace fiscale e inversione dell’onere della prova…”. Un Working paper di Anna Ivanova, Michael Keen e Alexander Klemm per il Fondo monetario internazionale aggiunge alle possibili cause anche l’incremento dei salari reali registrato nello stesso periodo e conclude che “è difficile attribuire la performance delle entrate fiscali alla riforma” e “non ci si dovrebbe aspettare che tagli di tasse di questo tipo si ripaghino da soli per effetto di un aumento delle ore lavorate e della compliance”. Un’analisi che dovrebbe “servire da raccomandazione per chi volesse emularla”.