Cronaca

Vibo Valentia scoperchia il pentolone di un’infamia. Salvini non può far finta di niente

Caro Matteo Salvini, la campagna elettorale è finita.
E con essa, i proclami, i toni accesi e la folla da aizzare.
Adesso sei il ministro degli Interni.
Quindi metti via le bandiere, le cravatte verdi e le felpe. Sei un uomo delle istituzioni e come tale hai responsabilità non solo nei confronti dei “tuoi” ma di tutti gli italiani.

E’ successo qualcosa, a Gioia Tauro. Non far finta di non saperlo.
Un uomo è stato ucciso.
Sembra sia stato ucciso perché era entrato in una fabbrica abbandonata per portar via qualche lamiera. Lamiere che sarebbero servite a creare una parvenza di riparo a persone che quelle lamiere avrebbero chiamato “casa”. Lo so, tu forse in Africa non ci sei stato mai, e se ci sei stato hai preferito un bell’albergo o un comodo villaggio vacanze. E non sai che due lamiere maledette in Africa significano casa. Nell’occidentalizzatissima Kinshasa, anche due stracci attaccati al ramo di un albero sono “casa”. E pure in Mali, il paese devastato dal colonialismo francese da cui proveniva Soumayla, l’uomo ucciso.

Ora c’è un problema, Salvini.
La vicenda di Gioia Tauro forse non ha nulla a che fare col razzismo, con lo sfruttamento, ma scoperchia il pentolone di un’infamia. E tu sei ministro dell’Interno.
Lo so, ti viene mal di pancia. Ti viene il mal di pancia perché probabilmente chi ha ucciso era italiano. E perché il posto dove Soumayla è stato ucciso è un sito di stoccaggio di rifiuti tossici. Stoccaggio non autorizzato, clandestino, criminale. Anche se la prescrizione ormai è intervenuta e ha fatto evaporare la possibilità di qualunque condanna. E certo che ti viene il mal di pancia. Specialmente se ti chiedi, e ce lo chiediamo tutti, da dove venissero quei rifiuti tossici. Te la ricordi l’inchiesta “Tempa Rossa”, di qualche anno fa?

Capisco il mal di pancia, Salvini, perché come la metti, si mette male. Se non era un omicidio razziale, se non era un omicidio per eliminare un “sindacalista scomodo”, era l’omicidio di un tizio che ha ritenuto legittimo uccidere per “proteggere la sua proprietà”. E se passa l’idea che è legittimo uccidere per proteggere la proprietà, si arriva al paradosso che si può ammazzare il ragazzino che s’è intrufolato per rubare quattro ciliegie dal tuo albero.

Vedi, Salvini, a me non importa che l’uomo ucciso venisse dal Mali e avesse la pelle di un altro colore. Non era un clandestino sovversivo, molesto, ubriaco o che spennava piccioni alla fermata del tram. Era in regola, lavorava e veniva sfruttato. E lottava per non essere sfruttato più. O almeno un poco di meno. Lottava per i diritti dei lavoratori. Lavoratori sfruttati, pagati due, tre euro l’ora, per un lavoro massacrante. Ecco, su quello dovrebbe concentrarsi un buon governo: sul fatto che lo sfruttamento non può e non deve essere consentito.

E non veniteci a raccontare la solita fanfaluca che si viene sottopagati perché il “prodotto” si colloca sul mercato senza margine di guadagno perché dalla Cina e dal Marocco arrivano gli stessi prodotti a prezzi stracciati. Perché il modo migliore per proteggere il nostro mercato è (finalmente!) la trasparenza e la tracciabilità. Come col pesce. Sapere da dove viene un prodotto. E l’obbligo di metterlo in etichetta. Senza scappatoie. Perché vedi, con le attuali disposizioni di legge, se un’industria italiana compra i pomodori (o il grano, o le olive o quello che ti pare) dalla Cina, dal Marocco o da Wonderland e lo inscatola in Italia, sul prodotto ci può scrivere “made in Italy”. E tu lo capisci da solo che è più redditizio per un’industria comprare materia prima su mercati come quello del Marocco, dove usare pesticidi in Europa dichiarati illegali è perfettamente legittimo e dove i latifondisti francesi hanno feudi sterminati con manodopera più sfruttata che nella piana di Gioia Tauro o di Rosarno. E sono stati così bravi, i francesi, da far passare una “leggina” al Parlamento europeo (lo so, lo so, tu non c’eri) per cui sono stati aboliti i dazi per i prodotti agricoli provenienti dal Marocco.

E dunque, basta. Guardati intorno, prima di additare un nemico. Guardati intorno davvero. E renditi conto che gli stupratori sono stupratori a prescindere dal colore della pelle: quanti esempi vuoi di violenze di gruppo consumate nelle scuole, fra gli adolescenti, bestie in branco prive di qualunque freno? Italiani, eh. Renditi conto che i violenti e i prevaricatori sono violenti e prevaricatori a prescindere dal colore della pelle: il bullismo come fenomeno dovresti conoscerlo.

Renditi conto che gli assassini sono assassini a prescindere dal colore della pelle: ieri era l’omicidio di Pamela e oggi quello di Soumayla, e credimi, non c’è nessuna differenza.
Io non mi sento più tranquilla, più serena, più sicura, se a violentarmi, a minacciarmi, a uccidermi, è un italiano e non un immigrato. E te lo dico anche se a te viene il mal di pancia.

Ti viene mal di pancia perché ti accorgi che non è questione di pelle o di provenienza ma questione di giustizia. E dove la giustizia è latitante, dove la legge ha maglie troppo larghe, dove la certezza della pena si tramuta in certezza dell’impunità, dove si depotenziano gli organi demandati al mantenimento dell’ordine, dove ci si volta dall’altra parte perché è più comodo o più conveniente, ci sono uomini che si credono dio. Indipendentemente dal colore della pelle.

Diciamoci la verità, Salvini, adesso che la campagna elettorale è finita. Il problema siamo noi. Perché se a casa mia ci sono delle regole, la prima a rispettarle devo essere io. Perché se a casa mia ci sono delle regole, la certezza di una pena se quelle regole non le rispetto dev’essere appunto questa: una certezza.
Quindi basta con questi slogan che hanno fatto il loro tempo e che nel tempo si sono trasformati a convenienza: te lo ricordi che una volta il tuo “prima gli italiani” era “prima il nord”, vero? Per cui basta. Basta sul serio, perché la campagna elettorale è finita. Per cui, se vuoi davvero mettere qualcosa “prima”, mettici la giustizia.
Perché è successo qualcosa, a Gioia Tauro. Non far finta di non saperlo.
Un uomo maliano è stato ucciso, probabilmente da un italiano.

Ma io la vedo in un altro modo, Salvini.
Un uomo innocente è stato ucciso da un assassino.