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  1. Xenofobia, dieci punti per cui in Italia (e non solo) è un problema
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Diritti

Xenofobia, dieci punti per cui in Italia (e non solo) è un problema - 2/2

5) E’ necessario disporre di analisi e ricerche più precise e scientifiche sulle dinamiche di questa xenofobia italiana 2018, e sulle sue specificità nella ondata in corso in Europa. Ipotizziamo che
Lega e Fratelli d Italia (22% in tutto alle ultime elezioni) abbiano fatto quasi  il pieno del voto xenofobo. (Tecnicamente è Forza Italia che ha dato loro il moltiplicatore parlamentare nell’ambito di una legge incautamente maggioritaria). Evitiamo di accontentarci di analisi generiche, cerchiamo di non affogare nella percezione della percezione. La xenofobia non deriva dai problemi reali che la immigrazione comporterebbe ma dalla loro percezione e in generale si può dire con Baumann che deriva da senso di insicurezza. In generale è così, ma occorre un osservatorio che studi i dettagli e le dinamiche. E ci dica  se e dove vi sono state contromisure efficaci.

6) Ruolo dei media e dei social. Come funziona la dinamica tra più piccoli e più grandi imprenditori e promotori dell’odio e della xenofobia e spontaneità del popolo della tastiera? Esistono davvero professionisti delle fake news? In ogni caso le voci della xenofobia (e dell’intolleranza più in generale) sono così tanto dilagate che è necessaria una risposta organizzata, professionale, metodica, sia legale (nei casi in cui è possibile) che di comunicazione. Provvista di risorse economiche specifiche.

7) Se i migranti sono solo il capro espiatorio di un senso di insicurezza più generale dovuto a crisi economica e/o a perdita di senso del sistema, qualcuno osserverà che non si
può ridurre e contrastare la xenofobia se non si riducono le diseguaglianze “tra italiani” e non si aumentano le garanzie sociali per tutti. O ancora più in profondità: che senza una grande svolta
generale di lavoro, di welfare, di tipo di consumi etc etc non si riduce neanche la xenofobia.

Questa consapevolezza non deve però essere una giustificazione o una attenuante per nessuno (“è xenofobo, ma sai bisogna capirlo perché è povero”) né una forma di attendismo (prima mi occupo del reddito di cittadinanza) altrimenti si finisce per dare ragione allo slogan “prima gli italiani”. Occorre un “piano antixenofobo” il più unitario e trasversale possibile.

8) Guardando in particolare ai cosiddetti profughi, cioè all’ultima ondata migratoria e più in generale alle fasce più deboli dei già immigrati, si potrebbe dire molto semplicemente che non c’è terza via tra espulsione di massa e integrazione. In realtà l’espulsione di massa degli “irregolari” è impraticabile anche se la Lega avesse la maggioranza assoluta e lo è per varie ragioni internazionali e legali. Quindi l’alternativa rimane tra lo status quo, con decine anzi centinaia di migliaia di fantasmi senza diritti che vivono nel sommerso o l’integrazione attraverso la formazione e il lavoro e le forme intermedie varie tra formazione e lavoro. Il progetto di legge Ero Straniero sarà presentato nella  legislatura. E’ necessario e possibile sostenerlo attraverso le buone pratiche che rafforzino le capacità e l’immagine dei migranti col permesso scaduto, e in particolare dei richiedenti asilo e rifugiati;

9) Se è vero che una parte della xenofobia deriva dal fastidio di vedere questi giovani “bighellonare senza far niente mentre sono mantenuti nell’accoglienza a spese nostre” bisogna incrociare questo fastidio con la frustrazione dei migranti stessi nel non fare niente e quindi dare la priorità assoluta alla necessità di fare, di fare esperienze e apprendistati e lavori socialmente utili. La preoccupazione di evitare la concorrenza al ribasso con gli aspiranti lavoratori italiani va tenuta presente ma non deve ostacolare la attivizzazione dei richiedenti asilo. Bisogna cominciare, sempre, ovunque e in qualunque condizione;

10) Nei campi della economia verde, della economia circolare,delle azioni antispreco,  della cura del territorio, della agricoltura e del lavoro di cura c’è spazio per lavori nuovi. Non semplicemente e non facilmente nuovi posti di lavoro tradizionali. Ma lavori nuovi o di tipo nuovo, di manualità consapevole e non fordista. Questa è la intuizione di fondo in cui si inserisce la esperienza che stiamo iniziando, quella degli ecomori. Sarebbe importante e bello (e io credo “strategico”)  che si dedichino energie, tempo e risorse per aiutare questi giovani a vincere la sfida di una integrazione innovativa.