Società

Capelli grigi, una trasgressione femminile

Quando Daria Bignardi si presentò con i capelli grigi qualche tempo fa, i soliti scemi (principalmente il cosiddetto “popolo del web”) la criticarono aspramente. Di recente ha rivelato che aveva il cancro e si era stufata della parrucca. I capelli sono un vezzo femminile sui cui molti uomini sanno, per ragioni fisiologiche, di non poter contare oltre una certa età. Non deve essere facile affrontare il momento in cui la calvizie inizia a incedere, ma salvo alcuni esempi decisamente opinabili di trapianto o tintura, gli uomini sembrano accettare con serenità il crepuscolo della loro chioma.

Molti attori quarantenni del cinema italiano sfoggiano look sale e pepe (venendo elogiati dal pubblico femminile) o si presentano addirittura rasati a zero, mentre delle loro colleghe quasi nessuna si espone al naturale. Le donne che si tingono i capelli motivano la loro scelta dicendo che si piacciono di più con il colore di quando erano giovani e che mai si vedrebbero con un’altra tonalità.

Quanto di quello che ci piace è in realtà il frutto di una moda sociale che diventa prassi? Se da domani le donne smettessero di tingersi o di depilarsi, nel giro di qualche anno questa nuova tendenza diventerebbe la norma e quello che esisteva prima risulterebbe demodé, come i costumi da bagno anni trenta o i bigodini.

Quando si parla di corpo delle donne, credere che le scelte a monte siano dettate da semplici preferenze personali è ingenuo, perché la pressione implicita su come una donna deve presentarsi è fortissima. La disumanizzazione di chi tratta le belle donne come oggetti o lo scherno nei confronti di quelle che non lo sono, sono la prova che non c’è niente di scontato in come una donna vede se stessa e decide di mostrarsi al mondo. Demonizzare le donne che si tingono i capelli sarebbe un’altra, insopportabile discriminazione a loro carico, vale però la pena ragionare sui motivi che spingono un numero così maggiore di donne rispetto agli uomini a farlo.

L’esempio funziona meglio dei precetti e se a quarant’anni quasi nessuna delle tue coetanee mostra i capelli grigi, lo spirito di emulazione avrà la meglio. Ritrovarsi i capelli grigi coincide quasi sempre con altri segni di trasformazione fisica, sentire la sicurezza di poter controllare, con una bella nuance, almeno in parte gli effetti collaterali dell’invecchiare, garantisce una certa serenità in una fase delicata della vita.

Forzare imposizioni implicite – per ottenere una parte, una conduzione o un ruolo di rilievo – è un modo per influenzare le donne verso un cliché estetico voluto dall’uomo. Non come uomo in sé, ma come manovratore del potere. Imitare quello che fanno tutti, di fatto diventa una norma universale, un codice visivo-espressivo assodato. Essere come gli altri ci fa sentire sicuri, accettati, ma rischia di trasformarsi in schiavitù perché non lascia liberi di sviluppare un pensiero critico, libero.

Andare dalla parrucchiera ogni due/tre settimane, la ceretta ogni mese, affamarsi per entrare nella taglia più piccola, tirarsi la pelle e sembrare un manichino, strizzarsi in skinny jeans quando fuori ci sono trenta gradi, camminare sui sampietrini sul tacco dodici. Tutto può diventare costrizione se fatto per evitare di andare controcorrente, di essere diversi.

Ci vuole convinzione e una grande consapevolezza di sé, per navigare in solitaria e scegliere il proprio destino senza curarsi del giudizio (vero o virtuale) degli altri, nel momento in cui si decide di frantumare l’immagine che l’ambiente esterno impone. Alle donne serve più coraggio perché il semplice invecchiare per loro vuol dire invecchiare male, e la paura di palesarsi per quel che si è, vincola a consolidati rituali. Bisogna combattere il fuori per cambiare quello che c’è dentro, e sopprimere una volta per tutte l’innata tentazione di credere che le donne siano quello che appaiono.