Diritti

Molestie, precariato selvaggio primo ostacolo alla denuncia: “Soggezione permanente. E il posto non è mai tutelato”

TI RACCONTO LA MIA SESTA PUNTATA - Che cosa succede a chi subisce abusi di potere e ricatti sul luogo di lavoro senza avere però la garanzia di un contratto? I precari sono il bersaglio più facile e nessuno può dare garanzie, anche nel peggiore dei casi. L'avvocato Vincenzo Marino: "Servono le prove". E molto spesso non basta. Lo sportello in Trentino: "Chi non ha stabilità alla fine preferisce non procedere in tribunale"

Dalle molestie sessuali ai ricatti occupazionali da parte dei superiori. Se i lavoratori dipendenti hanno una serie di strumenti che permettono loro non solo di denunciare i comportamenti discriminatori, ma anche di difendere il proprio posto di lavoro, lo stesso non può dirsi per i precari, come dimostrano le storie raccontate a ilfattoquotidano.it (scrivete le vostre segnalazioni a tiraccontolamia@ilfattoquotidiano.it). Il capo ci prova con una collaboratrice e lei rifiuta le avance? Un lavoratore a tempo determinato fa causa all’azienda? Se il rapporto di lavoro non viene confermato allo scadere del contratto, entrambi potranno denunciare eventuali comportamenti discriminatori, ma nessuno dei due avrà strumenti per tutelare il posto. Neppure quando si arriva a una sentenza di condanna. Come dimostrano quei rari casi di cronaca in cui la denuncia di una precaria diventa oggetto di un processo. E dove quasi sempre sul banco degli imputati sale anche la vittima. Ecco perché è raro trovare chi denuncia, mentre è molto facile che datori di lavoro, ma anche colleghi si prendano certe licenze pensando di farla franca. Che la situazione sia questa lo confermano gli esperti interpellati da ilfattoquotidiano.it, ai quali abbiamo chiesto cosa può fare chi si trova in una situazione del genere.

NESSUNA GARANZIA – “In generale non si hanno tutele – spiega Vincenzo Martino, vicepresidente degli Avvocati giuslavoristi italiani – anche se è bene fare una distinzione tra le varie forme contrattuali e tra chi, ad esempio, ha una collaborazione autonoma e chi, invece, finora è stato pagato con i voucher o lavora a chiamata, ossia con il cosiddetto contratto a intermittenza. In questi ultimi casi, le tutele sono ancora minori”. Occorre dunque valutare caso per caso, “ma se c’è stata una prevaricazione – spiega Martino – occorre procurarsi delle prove ed eventualmente fare una denuncia penale”. Tre gli elementi da valutare prima di decidere come agire: la tipologia contrattuale, la gravità della prevaricazione e le prove che si hanno a disposizione. E se si va davanti al giudice e si stabilisce che il lavoratore ha ragione? “La tutela del posto di lavoro non è garantita, purtroppo i precari si trovano in una condizione di soggezione permanente”. E non parliamo solo di ricatti di natura sessuale.

POCHE LE DENUNCE – Emblematica è l’esperienza di Gabriele Silvestrin, responsabile Nidil Cgil del Trentino. “In sei anni – racconta a ilfattoquotidiano.it – mi è capitato solo una volta che una lavoratrice precaria sia venuta in sindacato con l’intenzione di denunciare il suo datore di lavoro per molestie sessuali, ma anche in quell’unico caso alla fine la ragazza ha scelto di non procedere”. Eppure di storie di molestie Silvestrin ne ha sentita più di una. “Mi è capitato spesso – continua – durante alcuni corsi di raccogliere le testimonianze di precarie, in particolare di una stessa azienda, che raccontano di molestie verbali e fisiche subìte anche da colleghi”. Il commento è sempre lo stesso: “Lo fanno con me perché pensano ‘tanto lei fra tre giorni se ne va’, ma non si azzarderebbero mai a palpeggiare una lavoratrice a tempo indeterminato”. Ma cosa è accaduto, invece, quando quell’unica giovane donna ha deciso di denunciare? “In quel caso si trattava di una precaria straniera molto qualificata con contratto a chiamata e, dall’altra parte, c’era un albergatore che in cambio di vitto e alloggio pretendeva prestazioni sessuali. Alla terza richiesta lei ci ha chiesto aiuto”. È stato registrato tutto e lo stesso Silvestrin ha trascritto le conversazioni. Le è stato detto che c’erano gli elementi probatori per una denuncia, ma alla fine lei non se l’è sentita. Non l’ha denunciato, ma ha anche abbandonato il lavoro.

LO SPORTELLO PER LE MOLESTIE DI GENERE – Proprio in Trentino dal 27 novembre scorso è attivo, nelle sedi di Cgil, Cisl e Uil ogni lunedì dalle 14 alle 16, lo sportello contro le molestie sessuali. Si chiama SmoG, Sportello Molestie di Genere. È un progetto partito un anno fa con la firma del protocollo contro le violenze sui posti di lavoro, sottoscritto dai sindacati, da tutte le associazioni datoriali provinciali e dalla Provincia di Trento. E si tratta dell’unico caso in Italia, perché protocolli del genere in altre aree del Paese sono stati siglati solo da Confindustria. SmoG offre un supporto legale, organizzativo e psicologico. Proprio gli organizzatori del progetto hanno sottolineato come il servizio sia rivolto anche alle precarie che poi sono le più esposte a possibili molestie. A rischio sono soprattutto quelle che lavorano in ambienti prettamente maschili, ma anche le braccianti agricole e le badanti spesso straniere che con la perdita del lavoro sarebbero anche espulse dall’Italia. Per le precarie si abbassa anche la percentuale di denunce, già minima. Proprio in Trentino, ad esempio, le molestie sui luoghi di lavoro sono circa il 3 per cento del totale delle violenze di genere denunciate.

DALLA TEORIA ALLA PRATICA – Ma quali norme tutelano i precari che subiscono molestie sui luoghi di lavoro? Il segretario generale della Nidil Cgil Claudio Treves ricorda i decreti legislativi 215 e 216 del 2003 di attuazione delle direttive europee sulle parità di trattamento. “Siamo sul piano teorico – spiega a ilfattoquotidiano.it – dove effettivamente esiste una legislazione antidiscriminatoria. Se una lavoratrice o una collaboratrice è stata oggetto di violenze, denuncia e il committente interrompe il rapporto o lo prosegue con un’altra collega, esiste una base giuridica di derivazione comunitaria contro quel comportamento che, quindi, si può denunciare sostenendo che il mancato rinnovo del contratto a termine, a fronte del fatto che quell’impresa ha continuato ad avere bisogno, è il frutto di un rifiuto alle avance del capo (circostanza che va provata)”.

Per quanto riguarda il lavoro pubblico c’è il Comitato unico di garanzia per le pari opportunità, la valorizzazione del benessere di chi lavora e contro le discriminazioni (Cug)’ che opera all’interno delle Amministrazioni per garantire pari opportunità tra uomini e donne e l’assenza di ogni forma di discriminazione e di violenza. “Esistono codici etici da applicare – spiega a ilfattoquotidiano.it Donata Gottardi, ex europarlamentare, professoressa ordinaria di diritto del lavoro all’Università di Verona e direttrice del dipartimento di scienze giuridiche – e questi codici includono non solo lavoratori stabili, ma anche quelli che lavorano alle esternalizzazioni perché ci sono regole che valgono per tutti e tutti hanno il diritto di andare in giudizio ed essere assistiti”. In realtà in Italia esiste un diritto antidiscriminatorio ampio sulla carta, che però si è materializzato pochissimo nella realtà. Come già raccontato nelle scorse puntate di “Ti racconto la mia” da ilfatto.it. Quando si parla di discriminazioni, si affronta un tema molto ampio. “Le maggiori – continua Donata Gottardi – sono legate alla maternità e alla differenza di genere, contro le quali esistono il Codice delle pari opportunità introdotto con il decreto legislativo 198 del 2006 poi modificato e la normativa in tema di protezione della maternità”.

Ma dato che i lavoratori precari sono i più fragili, cosa può fare chi si trova in una condizione di ricatto? “Una delle possibilità – spiega la docente – è di chiedere assistenza ad alcune figure, come una consigliera di parità, o di rivolgersi a un sindacato cercando di capire se c’è un ufficio legale”. Come potrà andare a finire? Contro l’arma del ricatto si può denunciare e anche vincere davanti al giudice, ma non c’è la minima garanzia di conservare il posto di lavoro per un precario. “Il ricatto occupazionale – spiegano gli esperti – rimane e se c’è un datore di lavoro che licenzia al termine di un contratto a termine non si può fare nulla perché quel contratto venga rinnovato”. Diverso se c’è un recesso anticipato: “In questo caso – continua Donata Gottardi – si può andare da un giudice e denunciare che il licenziamento è discriminatorio e, se ciò verrà dimostrato, si applicherà la reintegrazione prevista dall’articolo 18”.