Cinema

Supereroi dello spazio e della periferia, il nuovo cinema ha bisogno di giustizia

Chi lo dice che i nuovi eroi debbano essere per forza i classici in calzamaglia? Che ne siate fanatici aficionados, detrattori acerrimi, curiosi o sporadici spettatori, ormai negare l’esistenza di un vero e proprio genere da supereroi non è più possibile dopo il cineuniverso imposto da Marvel, imitato goffamente da Dc Comics e guardato creativamente da alcuni outsider dissacranti. Soltanto queste due case sguinzaglieranno giusto nel 2018 ben nove pellicole. Beh, in celluloide ormai si fa per dire, col digitale. L’invasione dei supertutoni s’è fatta inarginabile e si affronta come si può.

Anche i tempi di baffuti  giustizieri della notte sono finiti, così in Italia dopo lo tsunami Jeeg Robot, e in attesa del nuovo Ragazzo Invisibile di Salvatores, il valoroso che mette a posto il mondo ha preso le forme dell’eroe a chiamata in un altro esordio registico: I Peggiori di Vincenzo Alfieri. Poco “super” poiché senza poteri, il protagonista è vestito da Lino Guanciale impegnato a salvare i fratelli dal baratro economico e dalla gogna inflitta loro da una Napoli tradita. Una madre imprenditrice truffaldina scompare lasciandoli soli con quel cognome marchiato di vergogna in una città che pullula di famiglie truffate e avvelenate. Così Guanciale, buon fanfarone dalla parlantina sciolta, insieme alla sorellina sveglia e al fratello laureato malpagato s’inventa lo sputtanamento di cattivi e malfattori via YouTube. Una specie di Zorro 2.0. Urbano ma col sorriso, armato di telefonino e con l’ambizione arrabattata di farne un lavoro facendosi ingaggiare a nero da cittadini incavolati.

Vincenzo Alfieri basa la sua prima regia su linee comiche e azione. Non lo “manda Picone”, ma il plot forse avrebbe funzionato meglio con un’esecuzione più concentrata grazie a una regia libera dall’interpretazione del fratello del protagonista. Alfieri è il fratello avvocato, infatti. Commedia godibile, grazie anche a Francesco Paolantoni e Biagio Izzo favolosi, I Peggiori sfodera duetti e terzetti niente male ma la linea action non è da capogiro. Discreto esperimento eroistico, nella versione dvd un backstage di venti minuti frenetici attraverso i set e gli action test con stuntman e attori più papere, scene eliminate e qualche approfondimento, ci immerge in una Napoli raccontata da non napoletani. Punto di vista scomodo, segno di coraggio autoriale.

Di coraggio ne ha avuto molto anche quel mattacchione di James Gunn, regista e sceneggiatore demiurgo della ex-rivelazione più felice degli esperimenti Marvel. Guardiani della Galassia Vol. 2 ha portato a 863 milioni di dollari l’incasso in tutto il mondo da un budget di 200 milioni, mentre il primo capitolo 773 milioni su un investimento di 170 milioni. La progressione pecuniaria segue quella qualitativa. L’azione intorno ai personaggi e il villain di Kurt Russell insieme a leggerezza, autorironia e quel pizzico di tenerezza indotta dal baby Groot ne hanno rinforzato il successo. Così la versione home video offre una serie di featurette, tra making of e videoclip parodia che aprono il sipario dietro ai set al green screen. Recitare nel vuoto di un verde innaturale non è cosa da poco, ma la direzione di Gunn, l’ex-sconosciuto “registucolo dal curriculum povero per una produzione del genere”, si sente eccome. E le dichiarazioni degli attori negli extra sono percorse di una palpabile riconoscenza per un nuovo astro del cinema.

Anche qui ci troviamo di fronte a supereroi inconsueti, ma perché spaziali. Prima o poi dovranno incontrarsi con i costumoni Marvel per istituzionalizzarsi (e magari iniziare a diventar noiosi chissà), ma nel frattempo restano ancora outsider fracassoni che salvano mondi altri. In comune con I Peggiori hanno ben poco, se non che gravitano entrambi, benché su versanti opposti, intorno al nucleo dei soliti Iron Man, Batman e compagnia cantando. O menando, o spaccando, se preferite. Prima dei Peggiori e gli eroi in passamontagna di Mainetti e Salvatores c’erano già i Kick-Ass, Chronicle, Hancock, Watchmen. Il genere supereroistico si è imposto al grande pubblico come sistema di produzione e consumo d’intrattenimento. Osservarlo attraverso i filtri dei suoi cugini e figliocci, anche i non americani, apre lo sguardo sull’attuale bisogno antropologico di giustizia. Così, palla al balzo, l’industria culturale pop impasta e sforna sempre più febbrilmente super-personaggi vincenti contro le asperità, affollandoci l’immaginario di eroi come un supermercato invaso da nuovi prodotti in un Black Friday che non finisce mai.