Società

Quando decisi di diventare un diversamente normodotato

#diversodachi

Fortunatamente la saga su come sto affondando la francesina volge al termine, ma prima il riassunto delle puntate precedenti. Si parte con il dilemma se subire o meno Sua Maestà, risolto con la decisione di non cedere e con l’obiettivo di scongiurare le conseguenze riflesso, quelle che dalla francesina possono derivare, quali la depressione e l’esclusione dalla vita sociale. Allora decisi di seguire questa massima: “Fai ciò che puoi con quello che hai”. E finalmente oggi tratteremo la parte del “fai ciò che puoi”.

Per cui, cosa mai potevo fare di me stesso e della transalpina? Nient’altro che pormi un obiettivo ancor più ambizioso di quello precedente: diventare un diversamente normodotato. Perché troppo spesso l’esemplare di disabile si sente tale e vive psicologicamente imprigionato nella sua condizione, quando dovrebbe “liberarsene” e rimanere inabile solo esteriormente: integrarsi vuol dire sentirsi ed essere al pari degli altri (diversamente è proibito lamentarsi di non ricevere uguale trattamento). Il procedimento tuttavia richiede più tempo delle grandi opere, in quanto è necessario sfruttare tutte le risorse mentali disponibili: per compensare le limitazioni fisiche e le conseguenti difficoltà, solo all’intelligenza si può fare appello (si è così costretti ad andare oltre quel 10% che siamo soliti utilizzare, altro che fare il pigro!).

Lo sfruttamento della materia grigia in primis è vincolante al raggiungimento e al mantenimento della propria “indipendenza”, benché fisicamente dipendente da altri. Indipendenza si traduce in libertà, libertà è poter uscire anche da solo, poiché è da soli che bisogna cavarsela: altrimenti che diversamente normodotato sarei? Cavarsela, a sua volta, significa essere in grado di spiegare a voce le proprie necessità: ahimè, non è così scontato come sembra. Se esco per la prima volta con una persona, infatti, devo essere in grado di “gestire” le mie richieste d’aiuto, limitarle e soprattutto saperle spiegare a voce, o no? Perché, per esempio, poi ti trovi nella circostanza di uscire con una graziosa biondina, della cui beltà sei talmente preso che dimentichi di comunicarle: «Non salire su quel marciapiede», poiché pieno di buchi. Lei ovviamente sul groviera ci sale e mentre stai per dire: «Attenta a quel buco», nel buco ti trovi già dentro. Della testa perdi subito il controllo, che dal poggiatesta rischia pericolosamente di uscire e della decapitazione farti vittima, questo mentre la fanciulla rischia semplicemente l’infarto: “lo stavo per uccidere”, avrà sicuramente pensato.

Contare su se stessi, quindi, è fondamentale per potersi relazionare con il mondo circostante: tradotto vuol dire fare amicizie (il confronto con i pari età permette di rapportarsi alla vita normodotata), se la fortuna assiste trovare un lavoro (fare il giornalista sottopagato mi fa sentire così tanto socialmente incluso) e, dulcis in fundo, trovare l’amore o qualcosa da quelle parti lì (ma di questo ne discorreremo prossimamente).

In sostanza è necessario fare nuove esperienze, perché più esperienze si vivono, più il livello di integrazione cresce e tanto più aumenta la voglia di integrarsi: se la francesina ha il brutto vizio di togliere motivazioni personali, dall’altra il crescente inserimento sociale le rafforza.

Queste ultime, inoltre, si incrementano nel momento in cui ti scontri con i preconcetti, tutti legati alla convinzione che per il francesino nulla sia possibile: quindi a dimostrazione che è possibile l’impegno inesorabilmente cresce, diventa una sfida quotidiana. Per quanto contraddittorio – poiché i preconcetti di per sé sono negativi – in questo caso si trasformano in uno sprone: hai un motivo in più.

In tutto questo non va trascurata la fortuna, essenziale nel campo del transalpino perché se non ne avessi avuta probabilmente mi troverei nelle mani delle conseguenze riflesso di Sua Maestà. In ogni caso la massima pragmatica “fai ciò che puoi con quello che hai” è sempre applicabile: si dice che la fortuna aiuta gli audaci, per cui cerco quanto meno di esserlo, poi si vedrà.

Tirando le somme, la condizione del francesino non è altro che una vita in costante salita, perché alle difficoltà di natura pratica, si aggiungono quelle legate alle barriere culturali, senza dimenticare quelle architettoniche, e in tutto questo intende anche realizzarsi a livello personale. Pretenzioso, non trovate?