Giustizia & Impunità

Attico Bertone, sentenza di condanna a un anno per Profiti. Il legale sminuisce: “Appartamentino da 150 metri quadri”

Un anno di reclusione con la sospensione condizionale della pena e interdizione dai pubblici uffici per 5 anni all’ex presidente della Fondazione Bambino Gesù. I giudici hanno derubricato l’accusa da peculato ad abuso d’ufficio, assolto l'ex tesoriere della Fondazione Spina. Il suo legale difende il cardinale: "Lui la vittima del processo, il Papa gli disse di andare lì"

Giuseppe Profiti condannato per abuso d’ufficio a un anno, all’interdizione dai pubblici uffici sempre per un anno e a una multa di 5mila euro. Lo ha deciso il Tribunale vaticano nella sentenza di primo grado emessa al termine del processo penale sulla ristrutturazione del mega attico del cardinale Tarcisio Bertone. Cade dunque l’accusa di peculato per distrazione dei fondi della Fondazione Bambino Gesù utilizzati per la ristrutturazione dell’appartamento del Segretario di Stato vaticano di Benedetto XVI. Per Profiti sospensione condizionale della pena per 5 anni e condanna alla refusione delle spese processuali. Assolto per non aver commesso il fatto, invece, l’altro imputato, Massimo Spina.

Per Profiti, ex presidente della Fondazione Bambino Gesù, il pm vaticano aveva chiesto una condanna a 3 anni, l’interdizione perpetua dai pubblici uffici e 5mila euro di multa. Assoluzione per insufficienza di prove era stata, invece, chiesta ai giudici per Spina, ex tesoriere della Fondazione. Il pm, infatti, ha accusato Profiti di aver “utilizzato in modo illecito, a vantaggio dell’imprenditore Gianantonio Bandera, denaro appartenente alla Fondazione Bambino Gesù”. “In particolare sono stati pagati per fini completamente extraistituzionali euro 422.005,16, utilizzandoli per effettuare lavori di ristrutturazione edilizia di un immobile di proprietà del Governatorato, destinato a residenza del Segretario di Stato emerito, per avvantaggiare l’impresa di Gianantonio Bandera”. Sempre per lo stesso reato, peculato per distrazione di fondi, era stato rinviato a giudizio Spina ma, in sede dibattimentale, lo stesso pm non ha ritenuto sufficienti le prove per chiedere la sua condanna.

Nella sua arringa, l’avvocato di Spina, Alfredo Ottaviani, si è improvvisato difensore del cardinale Bertone affermando che “il porporato è la vittima di questo processo. È stato il Papa a dirgli di andare a vivere in quello che, alla fine dei conti, tolti la cappella e gli spazi per le suore che lo assistono è un appartamentino di 150 metri quadrati. Prima dei lavori di ristrutturazione era un tugurio e bisognava abbattere i muri, rifare tutti gli impianti per renderlo vivibile. Non è un attico, – ha sottolineato l’avvocato – bensì un appartamento e non è di Bertone perché il proprietario dell’immobile è il Governatorato vaticano. E non è nemmeno l’appartamento di un satrapo orientale come è stato scritto sui giornali”. Il legale di Spina ha, inoltre, ricordato che “Bertone ha pagato di tasca propria quasi 500mila euro per i lavori di ristrutturazione e si appresta a compiere 83 anni. Secondo i dati dell’Inps l’aspettativa di vita media è di 83 anni e otto mesi quindi il suo investimento non può essere ammortizzato nel tempo”.

L’avvocato di Profiti, Antonello Blasi, ha invece sottolineato che il pagamento della ristrutturazione dell’attico di Bertone effettuato dalla Fondazione Bambino Gesù “è un investimento e non una spesa”. Per il legale, inoltre, “la Fondazione è una onlus, un ente ecclesiastico di natura pubblica, e il suo presidente non è un pubblico ufficiale”. Secondo Blasi “nessun movente è emerso in questo processo, né è stato ipotizzato. Non esiste la doppia fatturazione nel pagamento della ristrutturazione perché non c’è sovrapposizione di date nella fatture che sono state emesse dalle società edili dell’imprenditore Gianantonio Bandera”. Durante lo scandalo Vatileaks 2, infatti, era emerso che i lavori sono stati pagati sia dalla Fondazione Bambino Gesù, sia dal Governatorato vaticano.

Nella sua replica, prima della camera di consiglio, il pm vaticano ha sottolineato che “la Fondazione Bambino Gesù non è un’impresa e dunque non può investire in borsa. È una Fondazione di diritto canonico. Il pagamento dei lavori dell’attico di Bertone è una spesa e non un investimento. Si tratta di denaro pubblico utilizzato per investimenti e ciò è un reato”. Prima della sentenza, Profiti ha voluto chiarire ai giudici vaticani che “tutti i documenti della Fondazione, anche le lettere di Bertone inerenti i lavori di ristrutturazione del suo appartamento, sono regolarmente protocollati e che i bilanci sono stati certificati dalla società di revisione PricewaterhouseCoopers”.

“Sotto la mia gestione – ha spiegato Profiti – la raccolta fondi della Fondazione è passata dal 25,8 per cento, prima della riforma statutaria, al 58,8 per cento, con un incremento annuo medio del 50,2 per cento. La società di revisione ha certificato che nel 2013-2014 il 99,97 per cento dei fondi della Fondazione Bambino Gesù sono stati girati all’Ospedale pediatrico della Santa Sede. Neppure un euro dei fondi raccolti è stato impiegato nell’operazione di investimento per la ristrutturazione dell’appartamento di Bertone. La controprova di ciò è che la raccolta fondi del 2015 ha subito una riduzione del 40 per cento rispetto all’anno precedente, effetto del nuovo stile di fundraising che è seguito alla mia gestione. Non vedo alcun collegamento tra la decisione di effettuare questo investimento con gli andamenti gestionali della Fondazione e dell’Ospedale Bambino Gesù che mostra di passare da 32 milioni di attivo a un segno negativo”. Profiti ha tenuto, inoltre, a precisare che dalla ristrutturazione “il Governatorato vaticano ha ottenuto 521mila euro di vantaggio” e di aver svolto l’incarico di presidente della Fondazione Bambino Gesù “a titolo gratuito”.

 

Francesco Antonio Grana

Twitter: @FrancescoGrana