Capitoli

  1. Fisco, controlli in picchiata e il 34% degli evasori scoperti non paga. Perché in Italia “è razionale non pagare le tasse”
  2. Nei bar un controllo ogni 30 anni, per i medici uno ogni 91 anni
  3. Addio Grande fratello: indagini finanziarie giù dell'85% in 4 anni
  4. Dopo le depenalizzazioni di Renzi crollano le violazioni accertate dalla Gdf
  5. I recuperi record? Virtuali: il 34% di chi viene scoperto non paga
  6. Entrate senza catena di comando: "A rischio il futuro delle finanze pubbliche"
  7. Dal "fisco amico" solo 128 milioni. E la voluntary ha garantito immunità agli evasori
Economia

Nei bar un controllo ogni 30 anni, per i medici uno ogni 91 anni - 2/7

A dirlo è Massimo Romano, il primo direttore dell'Agenzia delle entrate. Le analisi della Corte dei Conti raccolte dal pm Di Vizio lo dimostrano. Le risorse umane dedicate agli accertamenti sono calate del 6% in 6 anni. Le indagini finanziarie per scovare chi dichiara poco ma ha un conto in banca florido sono crollate dell'85% in 4 anni. Le depenalizzazioni del governo Renzi e la voluntary hanno garantito immunità. E l'evasione è arrivata a sottrarre allo Stato più di 110 miliardi l'anno

Non esagera, Romano, che a cavallo dell’insediamento del quarto governo Berlusconi si dimise tra le polemiche dopo aver disposto la pubblicazione online di tutte le dichiarazioni dei redditi per il 2005. L’anno scorso, ha calcolato la Corte dei Conti, i contribuenti controllati sono stati l‘1,9% del totale. Secondo la magistratura contabile il titolare di un bar o di una gelateria rischia, si fa per dire, una visita fiscale ogni 30 anni. I ristoratori sono soggetti a un controllo ogni 24 anni, le imprese dell’edilizia ogni 26. I medici possono dormire sonni ancora più tranquilli: per loro i controlli arrivano in media una volta ogni 91 anni. Non a caso i livelli di evasione restano sostanzialmente costanti da un anno all’altro. Stando alla Relazione sull’evasione allegata alla Nota di aggiornamento al Def, varata pochi giorni fa dal governo, lavoratori autonomi e imprese mostrano una propensione all’inadempimento dell’Irpef che supera il 67%, cioè quasi 7 su 10 non pagano il dovuto. E l’Italia è al primo posto nell’Unione europea per Iva evasa: 35 miliardi nel 2015. In lieve calo sull’anno prima per effetto delle nuove norme sul pagamento diretto da parte della pubblica amministrazione (split payment), sull’inversione del pagamento (reverse charge) in alcuni settori e sulla comunicazione telematica dei dati delle fatture. Ma la cifra resta circa il 25% dell’imposta sul valore aggiunto evasa complessivamente nell’Unione, mentre il pil italiano è sì e no il 10% di quello Ue.

“Il piccolo contribuente che riceve un controllo tende comunque a tornare ad evadere. Del resto, se l’azione di controllo non è sistematica non ha alcuna efficacia deterrente“, spiega a ilfattoquotidiano.it Fabio Di Vizio, sostituto procuratore a Pistoia, titolare di molte indagini sul riciclaggio ed ex componente del comitato degli esperti dell’Unità di informazione finanziaria (Uif) presso la Banca d’Italia. “Lo scambio automatico di informazioni, per esempio, è un incentivo a mettersi in regola solo se poi i dati vengono utilizzati”. Di Vizio, durante la rassegna InsolvenzFest organizzata dall’Osservatorio sulle crisi di impresa, ha presentato una corposa relazione sull’evasione fiscale basata sui rapporti della Corte dei Conti, i dati Istat e Bankitalia e i report annuali della commissione istituita dal Tesoro. Quarantanove pagine che danno conto nel dettaglio “dell’insuccesso delle politiche fiscali e dell’irrisolto contrasto tra le diverse esigenze in campo” dopo “oltre ottanta condoni fiscali in poco più di 150 anni di storia unitaria”.