Politica

L’antifascismo è più che mai necessario, ma non è certo quello di Fiano e Minniti

Storicamente i tratti distintivi del fascismo sono costituiti dal ricorso alla violenza aperta contro gli avversari politici, in primis le formazioni che rappresentano le forze sociali antagoniste al sistema dominante, e dal tentativo di acquistare consensi tra le classi subalterne mediante l’armamentario ideologico del razzismo e del nazionalismo più becero.

Si può sostenere che tali elementi siano oggi di attualità? Temo di sì. In primo luogo per l’abdicazione da parte della sinistra al suo compito storico di rappresentare i lavoratori e le classi subalterne, che ha le sue radici nel drammatico imborghesimento del ceto politico e nel suo spostamento al centro, che apre larghi spazi a chiunque, in qualsiasi modo, proponga un discorso che possa suonare alternativo all’attuale catastrofico stato delle cose. Stato delle cose oggi esasperato dalla perdurante crisi che scuote l’Europa in tutte le sue parti. Sappiamo bene come responsabili siano le classi dirigenti europee che hanno sposato il neoliberismo e propugnano politiche basate sulle liberalizzazioni e le privatizzazioni che, liquidando ogni intervento pubblico, provocano disoccupazione, povertà e disperazione da parte di crescenti settori sociali. Sappiamo però anche quali siano le enormi responsabilità della sinistra storica che, da tempo, avalla queste politiche fallimentari e ha rinunciato a promuovere ogni critica al sistema dominante basato sull’egemonia della finanza e della grande impresa.

Stante tale discredito della sinistra, le destre si propongono oggi come alternative al sistema, strillando contro gli immigrati e i richiedenti asilo, divenuti capro espiatorio per ogni male, così come lo furono gli ebrei ed altri al tempo dell’instaurazione del Terzo Reich. Discorsi come “prima gli italiani” o “fuori i clandestini” hanno facile presa su menti ed animi oramai desertificati e privati di memoria storica e di prospettiva politica.

I “rimedi” escogitati dal Pd, come la legge Fiano che ha introdotto il nuovo art. 293 bis del Codice penale, rischiano di aggravare la situazione. Come acutamente sostenuto da Domenico Gallo, “siamo in presenza di una ‘legge manifesto’, si legifera al solo scopo di agitare dei vessilli da sfruttare per ottenere un consenso a buon mercato, o per definire un’identità politica (in questo caso l’anti-fascismo) che col tempo si è sbiadita” e cioè in sostanza a un “antifascismo di cartapesta”. Ciò vale in particolare, prosegue Gallo, per il folle intento di cancellare le tracce del regime fascista dai monumenti dato che “cancellare i simboli del regime fascista incorporati nei monumenti, sui tombini e persino sulla facciata del Consiglio Superiore della magistratura, significa rimuovere la memoria di quello che è stato”. Vero è che il divieto di propaganda fascista in Italia vige da tempo ma che mai lo si è fatto valere.

Il vero antifascismo è invece quello che combatte i fascisti con le parole e con i fatti ovunque essi tentino di proporre i loro discorsi di natura razzista e di legittimare un modo di far politica sconfitto dal popolo italiano già nel 1945 e poi ancora nel 1960 contro il governo Tambroni e negli anni Settanta contro l’uso dei fascisti come truppa di complemento contro le mobilitazioni operaie e popolari.

In questo senso va promossa con forza la mobilitazione antifascista e antirazzista, per spiegare a chiunque che i veri responsabili della crisi e della situazione di malessere che viviamo in Italia non sono i migranti ma i governi che abbiamo avuto finora, per imporre la concessione alla cittadinanza a chi è nato e vive da anni nel nostro Paese e impedire con ogni mezzo necessario raduni come quello che i fascisti vorrebbero tenere a Roma per celebrare il novantacinquesimo anniversario della marcia su Roma. E’ tenendo la schiena dritta e dicendo le cose come stanno che si combatte il fascismo, non già scimmiottandone atteggiamenti e discorsi, come fanno coloro che sostengono di voler combattere il fascismo ma lavorano alacremente ogni giorno per costruire, con le loro politiche dissennate, una situazione favorevole al suo sviluppo. La memoria da recuperare indica la strada da percorrere.