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Mediaset-Vivendi, i francesi cercano la tregua con l’Agcom per riaprire le trattative sulla rete Telecom

Il gruppo di Vincent Bolloré ha proposto all'autorità di blindare in un trust “cieco” il 20% di Cologno Monzese. Le decisioni più importanti saranno affidate ad amministratori terzi. Se il piano passerà sarà un primo passo verso un rapporto costruttivo con le autorità italiane dopo il braccio di ferro sul tema della fibra e lo strappo sull'acquisto di Premium

Vivendi ci riprova. Tenta una tregua con l’Autorità di vigilanza sulle telecomunicazioni (Agcom) in vista di una più complessa intesa su Telecom e Mediaset. Il gruppo di Vincent Bolloré ha infatti preparato un piano per blindare in un trust “cieco” e indipendente una quota di Cologno Monzese pari al 20 per cento del capitale. Con questa mossa, i francesi affideranno dunque le decisioni più importanti per la vita di Mediaset ad amministratori terzi che potranno agire senza preventivamente informare Vivendi. Il piano assomiglia molto a quello già depositato da Vivendi lo scorso 19 giugno e bocciato dall’autorità guidata da Angelo Cardani. Ma con una differenza sostanziale: i francesi rinunceranno anche ai diritti di voto nelle assemblee straordinarie lasciando via libera alla famiglia Berlusconi nella gestione del gruppo di Cologno Monzese.

Non bisognerà attendere molto per verificare se questa soluzione basterà all’Agcom che, ad aprile, sulla base delle norme anticoncentrazione, ha intimato a Vivendi la cessione della quota in Telecom (24%) o in Mediaset (29,9%) nel giro di un anno. Una spada di Damocle sulla testa di Vivendi che nel caso in cui non ottemperi al diktat o non trovi per tempo una nuova intesa con l’autorità, rischia una multa compresa fra il 2 e il 5% del fatturato pari a un importo massimo di 540 milioni.

Secondo quanto riferito dalle agenzie di stampa Ansa e Reuters, la nuova proposta di Vivendi arriverà entro lunedì sul tavolo dell’Autorità i cui uffici tecnici si sarebbero già espressi favorevolmente. L’ultima parola spetta però ai commissari che si riuniranno il 13 settembre. Data la complessità del dossier, nulla esclude però che il verdetto definitivo possa anche slittare. Di sicuro se Vivendi riuscisse a spuntarla con l’Agcom, si tratterebbe di un primo timido passo verso un rapporto costruttivo con le autorità italiane dopo il braccio di ferro con Telecom sul tema della fibra e lo strappo con Mediaset in seguito al dietrofront francese sull’acquisto della pay tv Premium. Di certo il trust non potrà essere una soluzione definitiva, ma solo un passaggio “necessario” a riaprire le trattative sia sul fronte Mediaset che su quello Telecom. Proprio quest’ultima è di recente finita al centro dell’attenzione di un comitato di Palazzo Chigi che sta valutando la possibilità di tutelare l’asset strategico della infrastruttura di rete attraverso i poteri speciali dello Stato (golden power, ndr). Il comitato si esprimerà probabilmente il prossimo 19 settembre, ma intanto Vivendi ha escluso l’ipotesi con un dettagliato parere legale.

Per forza di cose, quindi lo scenario politico sulla triangolazione Vivendi-Telecom-Mediaset inizierà a chiarirsi nei prossimi giorni. Intanto sullo sfondo resta il redde rationem in tribunale fra Vivendi e Mediaset: il 19 dicembre a Milano, in sede civile, ci sarà la prima udienza sulla richiesta di risarcimento da 3 miliardi depositata da Fininvest e Mediaset contro Vivendi per il voltafaccia su Premium. La sentenza definitiva richiederà tempo. Intanto sia Cologno Monzese che l’azienda parigina hanno avviato nuove iniziative industriali. Le tv del gruppo Berlusconi hanno siglato un accordo sui contenuti video via web con la tedesca Prosiebensat e la francese TF1, controllata da Martin Bouygues, nemico giurato di Bolloré che tentò, invano, nel 1997 di sfilargli l’azienda di famiglia. Vivendi ha invece proposto a Telecom la creazione di una pay-tv italiana assieme alla sua controllata Canal+ in diretta concorrenza con Mediaset e Sky. Contemporaneamente poi l’ex monopolista ha congelato i piani di investimento nella fibra racchiusi nel progetto Cassiopea dimostrando concretamente di voler trovare un accordo con il governo dopo lo scontro con l’ex ad Flavio Cattaneo.

La quadra del cerchio sul caso Telecom non è però dietro dietro l’angolo. Da Cernobbio, l’amministratore delegato dell’Enel, Francesco Starace, ha fatto sapere di non avere alcuna intenzione di creare un’unica rete in fibra con l’ex monopolista. Ipotesi che invece piace a Franco Bassanini, presidente di Open Fiber, la controllata di Enel e Cdp che ha vinto tutti i bandi per i fondi pubblici da investire nella costruzione dell’infrastruttura di nuova generazione. L’operazione, che unirebbe le forze di Telecom e Open Fiber, potrebbe però essere decisamente costosa per le casse pubbliche. Inoltre non è realizzabile senza il via libera del governo. La partita è insomma assai complessa sia sotto il punto di vista politico che economico. E contempla anche il rischio che la vicenda Telecom si trasformi in merce di scambio nella più ampia sfida fra Vivendi e Mediaset finalizzata alla nascita di un nuovo polo media europeo.