Cultura

Marciana nel Cinquecento, l’isola del giorno dopo fra mare e memoria

Hai mai cercato una capretta Cinquecento anni fa? Si chiama Isolina, da lei dipende la tua vita e va trovata prima del coprifuoco.

Come un’isola circondata da tanto mare, così è la memoria e nel nostro Paese ricordare è necessario come un approdo. Ancorata in cima all’Elba, fra tempo lento e viabilità camminante, Marciana seduce di storia. Qui, ogni giovedì sera, l’associazione culturale Elbabeluomini e donne del posto, in abiti d’epoca impeccabili, evocano agli ospiti uno spettacolo fra i borghi che mette in scena storia isolana e umana: Marciana nel Cinquecento.

Balduccino, lo Speziale, Agrimonia: attori di realtà in differita che vivono il racconto con il pubblico. Vicoli sold-out, applausi che scuotono il silenzio autoctono. Le case, sorge il dubbio, cambiano di posto nel labirinto antico. E’ il viaggio di 500 anni per non dimenticare che siamo ciò che ci ha preceduto, senza il quale saremmo privi dei consigli del passato. Mariona, lo governatore illustrissimo” (inchino!), il notaro: gente locale, attori per amore, facce da popolo così nella parte che quando si rovescia “il piscio” (acqua) in strada chi c’è c’è: anche questa è storia.

L’esercizio della memoria è una cultura di orgoglio e responsabilità: esser fieri dei propri meriti e consapevoli degli errori commessi per ridurre il danno nel futuro. Per me che la memoria è un’ossessione, percorro Marciana mezzo millennio fa e penso che c’è una bella notizia: isolani che scavalcano il mare del tempo con lo spettacolo di cinque secoli or sono, per arrivare al presente esattamente come chi fa ritorno alla propria Itaca.

Ma la capretta Isolina non si trova, eppure ha cacato davanti all’uscio e tocca pulire e pagare (come gli statuti hanno statuito). Il pubblico, nello spettacolo, accelera incalzato fino alla Fortezza Pisana e là esorcizza, in ballo, la vita prima che arrivino i pirati dal mare, ancora una volta. E Isolina non si trova: morir di stenti o morire assediati dal nemico?

Ostinazione montanara, passione contadina e cuore di testa occorrono per liberare dagli archivi storici la verità popolare altrimenti ammuffita sugli scaffali. Lascio Marciana guardandola arroccata sul costone, metafora di senso civico che ghermisce la roccia proprio come la memoria deve serrarsi al presente. Cinque secoli fa accaduti stasera come ogni giovedì d’estate. La civiltà popolare diventa cultura e il teatro di Elbabel, a Marciana, educa e trasmette.

Arriverà l’inverno come un mare aperto, fino all’isola del giorno dopo, su cui mai smettere di cercare la nostra Isolina.