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Sanità, il grande bluff di nuovi Livelli assistenza e vaccini: “Lo Stato promette di più ma è in grado di dare meno” - 3/4

Il governo annuncia più prestazioni per tutti. Ma i soldi sono pochi e, al di là delle parole, nei fatti il servizio ai cittadini peggiora progressivamente. Con beneficio di sanità privata e assicurazioni

Universale, ma non troppo – E se quella dei Lea è una promessa mancata, non si può dire che il resto vada meglio per i cittadini alle prese con le ben note differenze geografiche e ticket di valore diverso per le stesse prestazioni a seconda della Regione in cui si chiede il servizio la cui universalità è un concetto molto variabile. La Fiaso, l’associazione che riunisce le aziende sanitarie e ospedaliere, fa dei confronti tristemente calzanti: tra Napoli e Bolzano ci sono 671 chilometri e un giorno e mezzo di vita a chilometro. In pratica se nasci a Bolzano, la speranza di vita è più lunga di oltre due anni e mezzo. Ma c’è di più perché anche nella stessa città, la situazione degli abitanti cambia a seconda del quartiere: a Torino lungo i 9 chilometri della linea 3 che uniscono la collina alla periferia povera della città, c’è una perdita di circa 5 mesi nella speranza di vita media per ogni chilometro percorso.

È difficilmente immaginabile che i livelli assistenziali italiani possano rimanere a lungo comparabili con quelli dell’Europa occidentale

Disuguaglianze importanti che, in tempi di tagli alla spesa pubblica sanitaria, si traducono anche in un impoverimento degli italiani a causa dell’aumento della spesa privata nella sanità dovuta anche all’allungamento dei tempi delle liste d’attesa. A dispetto del fatto che la legge preveda un massimo di attesa di 30 giorni per le visite specialistiche e di 60 per gli esami diagnostici in strutture pubbliche, in città come Viterbo bisogna invece attendere 225 giorni per una tac alla testa. A Rieti si sale a 333 giorni, praticamente un anno. Così accade persino che, come racconta il rapporto della fondazione Gimbe, i cittadini in difficoltà economiche che non possono pagare le prestazioni ai privati rinuncino progressivamente a curarsi: il numero delle persone obbligate a questa scelta è aumentato da 9 milioni del 2012 a 11 milioni del 2016.