Società

L’insostenibile peso dell’ignoranza scientifica. Non solo vaccini, anzi…

Verosimilmente anche per chi abbia letto solo un poco di logica filosofica, ma di sicuro per chi conosca qualche scritto del cardinale John Henry Newman, tipo la Grammatica dell’Assenso, non sarà una sorpresa assistere a fatti che sono la prova di quanto sia l’irrazionalità a governare le scelte degli uomini. Per molti non è quindi inaspettata la notizia tragica che una coppia di genitori abbia trascurato l’uso degli antibiotici nella cura di una banale otite, al punto di causare la morte del proprio figlio di 7 anni; nemmeno la vicenda in cui un semplice morbillo, contratto da soggetti che non erano stati sottoposti a vaccinazione, sia stato letale per un ragazzo affetto da leucemia. «Tantum potuit religio suadere malorum» scriveva il poeta latino Lucrezio già duemila anni fa – dove ovviamente il significato latino del termine «religio» è quello dell’italiano «superstizione» – sicché è chiaro che i danni provocati dall’ignoranza non sono una novità dell’epoca di internet e dei social. In tutte queste vicende non è una questione di conoscenze specifiche, non è necessario aver studiato la teoria della relatività, conoscere Darwin o Newton, per sapere che procedere a scelte non fondate su dati evidenti e dimostrabili può produrre effetti catastrofici. Basterebbe un po’ di buon senso e di fiducia nella ragione.

Il problema è che spesso non vogliamo renderci conto, o nemmeno affrontare il problema dell’irrazionalità delle nostre scelte, in particolar modo con riferimento alle scienze sociali, all’economia, alla politica, all’educazione e così via. A ben vedere, lo stesso Karl Marx (spregiatore principe delle superstizioni e delle false conoscenze), arrivò anch’egli a conclusioni fideistiche, pur essendo partito dal sacrosanto principio di far piazza pulita di tutte le finte verità sulle quali si fondava anche allora la scienza economica. Questo solo per dire che l’esigenza di portare la razionalità all’interno dei processi di conoscenza e decisione è un bisogno cruciale, avvertito da molti e da tempo, ma che spesso si schianta con i limiti strutturali di un pensiero che non riesce mai a essere completamente ed esclusivamente razionale, se – per continuare con l’esempio di Marx – lo stesso «materialismo storico» poi finì per essere non un’evidenza incontrovertibile, ma un’asserzione da prendere o lasciare.

Né varrà ricordare che sovente nelle belle dimostrazioni «matematiche» dei nostri scienziati moderni, gran parte dei fattori considerati restano ignoti o assunti del tutto ipoteticamente, con grave danno all’attinenza dei risultati verso la realtà effettiva. Ma pazienza, in fondo la scienza è sforzo, tentativo, l’importante è non crederci mai troppo (né troppo poco). Il problema diventa più grave quando dal piano teorico si passa a quello pratico, quando dal livello della speculazione e dei modelli si passa a quello delle scelte e delle decisioni, non solo individuali, ma anche collettive.

Se l’irrazionalità regna, nostro malgrado, il programma politico di assoggettare le persone a decisioni razionali è quindi di tutta evidenza troppo ambizioso. Va bene dire che è meglio vaccinarsi, va bene far sapere che la medicina omeopatica da sola non può curare patologie gravi, che la dieta vegana è squilibrata, ma l’ignoranza umana è sconfinata e questi non sono certamente i campi di applicazione più pericolosi. Il proposito di sbarazzarsi dell’insipienza umana e delle sue letali conseguenze è veramente al di sopra delle nostre possibilità. Meglio imparare a conviverci (magari studiando un po’ di più, nel frattempo).

Non voglio ricordare quanto l’ignoranza, la mancata condivisione del metodo razionale nelle scelte economiche e politiche possano far danno a questo paese e in generale all’umanità. L’euro è forse una scelta razionale? Lo è per caso tenere un Presidente del Consiglio da anni senza ricorrere a forme di rappresentanza realmente democratiche? L’irrazionalità applicata alla politica e all’economia fa più danno della decisione di non volersi assoggettare ai vaccini. L’ignoranza al potere, che stimola e coltiva l’analfabetismo culturale, politico ed economico della popolazione, è perfino più dannosa del Mein Kampf, ma molti non sembrano curarsene. La disinformazione, il basso livello culturale, la superficialità sono il tritolo che fa esplodere le ingiustizie, i soprusi, le disuguaglianze, eppure in molti casi sono deliberatamente stimolate e tollerate da chi ha interesse a sfruttare certe decisioni per il proprio vantaggio. La cultura, la conoscenza, quali fattori di progresso umano ancor prima che materiale, sono rifiutati e negati da quei gruppi che in tal modo possono continuare a mantenere il proprio potere, senza nemmeno il rischio dell’opposizione dei defraudati.

L’epoca in cui un economista come Hayek poteva scrivere che «la libertà è la possibilità di poter perseguire o propri fini secondo le proprie conoscenze», forse è definitivamente tramontata. L’ignoranza indotta è la forma più sopraffina di conservazione del potere violento e oppressivo. Dietro la questione dei vaccini, dietro la grossolanità con la quale è stata affrontata, come è evidente, si nasconde molto altro, una questione ben più allarmante.