Diritti

Tortura, la metà degli italiani pensa che in Italia non esista. Ma 6 su 10 vogliono l’introduzione del reato

Per otto italiani su 10, Amnesty dovrebbe continuare a presidiare i casi di violazioni internazionali, senza dimenticare i fatti italiani: Bolzaneto al G8 di Genova, le torture inflitte a Stefano Cucchi e l'assassinio di Giulio Regeni sono i casi di grave violazione dei diritti umani più presenti nella mente degli italiani

Solo il 33 per cento degli italiani ritiene che in Italia avvengano casi di tortura, a fronte di un 50 per cento secondo cui questa non avviene nel nostro Paese (il 17 per cento dice di non saperlo). I risultati dell’indagine, realizzata da Doxa per Amnesty International su un campione rappresentativo della popolazione italiana over 30, vengono resi noti proprio nella giornata in cui l’Italia ha riconosciuto i propri torti nei confronti di sei cittadini per quanto subito nella caserma di Bolzaneto durante il G8 di Genova del 2001.

Nonostante una percentuale così alta di italiani non creda ci siano casi di tortura nel Paese, l’indagine evidenzia che comunque la mancanza di rispetto per i più elementari diritti umani viene considerata una materia importante su cui intervenire, al punto che sei italiani su 10 sono favorevoli all’introduzione di uno specifico reato di tortura. Per otto italiani su 10, Amnesty dovrebbe continuare a presidiare i casi di violazioni internazionali, senza dimenticare i fatti italiani: Bolzaneto al G8 di Genova, le torture inflitte a Stefano Cucchi e l’assassinio di Giulio Regeni sono i casi di grave violazione dei diritti umani più presenti nella mente degli italiani.

Amnesty lancia la campagna di raccolta fondi con il 5×1000. “Sebbene un italiano su due ritenga che la tortura nel nostro paese non esista, la sensibilità verso la difesa e le violazioni dei diritti umani che hanno ottenuto maggiore spazio sui mezzi d’informazione destano interesse e partecipazione“, dichiara Riccardo Noury, portavoce Amnesty International Italia. E prosegue: “Da questa indagine emerge con chiarezza che dobbiamo continuare a lavorare con tutte le nostre forze per portare all’attenzione delle istituzioni, dell’opinione pubblica e dei media il tema della tortura, far crescere la consapevolezza su quello che avviene nel nostro paese e fuori dai nostri confini, dare voce a chi non ce l’ha”.