Politica

Minzolini e Lotti salvati, le leggi piegate alla politica. Calamandrei si appella a Mattarella

I dialoghi e le epistole immaginarie sono un genere letterario antico. Cosa direbbe oggi Calamandrei? Il testo evidenzia – talvolta col virgolettato – un punto di vista. La storia al presente.

Caro Presidente Mattarella, è con profonda stima che mi rivolgo a Lei in quest’ora difficile attraversata dal Paese. Le riconosco rettitudine, profondità di giudizio, alta moralità. Scrivo perché il silenzio – rifugio dei codardi – non appaia complicità. Abbiamo conosciuto negli anni momenti tragici; il fascismo, la guerra, il terrorismo, ma il Paese ha sempre trovato le ragioni di un cammino, sicuro, verso la libertà. Oggi questa forza morale sembra spenta. Il nemico non è ben visibile. Si maschera. E tutto diventa più difficile. C’è qualche problema – dicono – ma viviamo in democrazia. Giusto. E tuttavia, Lei sa bene che la democrazia, le leggi, la Costituzione hanno bisogno di vigilanza, partecipazione: “La Costituzione non è una macchina che una volta messa in moto va avanti da sé. Perché si muova bisogna ogni giorno rimetterci dentro il combustibile… l’impegno, la propria responsabilità”. Oggi, questo combustibile non c’è più.

Quelli odierni – caro Presidente – sia pure in un quadro formalmente democratico, sono giorni bui. Cosa mi colpisce? Anzitutto l’ipocrisia. Non è la prima volta, è vero, che i politici fanno accordi sotto banco; eppure, di fronte al caso Minzolini si resta sbalorditi. Non solo perché il Parlamento vota contro una sua legge – la Severino – ma perché lo fa con giubilo, “felice d’ostentare le proprie contraddizioni”, mentre ai cittadini chiede – si può essere così ciechi? – sacrifici su sanità, lavoro, fisco, eccetera. C’è un grido unanime: “La legge non è uguale per tutti”.

Nonostante la condanna, Minzolini non va in carcere e resta senatore. E’ sopportabile? Quanto è tollerabile (ancora) la loro incoscienza? Non si può ribaltare, continuamente, il rapporto causa/effetto sperando che il gioco funzioni all’infinito. Luigi Zanda: “Trovo gravissimo che Di Maio inviti a manifestare in maniera violenta”. Non è così. Zanda e le forze politiche trasversali, fingono di non vedere che “è” l’atto sovversivo della maggioranza la causa di (possibili) effetti nella società civile. Se l’indignazione non si trasforma in violenza – caro Mattarella – è perché ha uno sbocco politico. Questi parlamentari incarnano ancora “la volontà generale”? “Chiamare i deputati e i senatori, rappresentanti del popolo, non vuol dire oggi quello che s’intendeva in altri tempi: si dovrebbero piuttosto chiamare impiegati del loro partito”. Non pensano al Paese. L’Italia è offesa e umiliata. Non si parla d’altro, a scuola, in piazza, nei luoghi di lavoro (il tema è “il patto”) – voi salvate Lotti, noi salviamo Minzolini -; il do ut des è letto come la prova “di quel che ci attende” dopo le elezioni: il “reintegro” di Berlusconi e l’impunità per lorsignori. Perché improvvisamente la Severino non vale più? E’ qui, su questo punto specifico, che Lei può/deve (mi consenta) intervenire come supremo garante delle leggi e della Costituzione.

Dicono che “la Severino è una legge sbagliata, dunque non va applicata”. Crollano i principi: le leggi si possono cambiare, certo, ma finché sono in vigore s’applicano. Infine, il caso Lotti. E’ stato un coro: “Bisogna salvare Lotti, per evitare la crisi di governo.” Ma a che prezzo? 161 senatori hanno votato contro la sfiducia (e la logica). La politica cancella Aristotele – Presidente – Categorie, Sull’interpretazione, Analitici primi… l’intero Organon è buttato a mare. Anche lo strumento principe del ragionamento – il principio di non contraddizione – è calpestato. E così, cancellata la logica, resta il ridicolo: Padoan e Gentiloni esprimono piena fiducia a Lotti, “calunniato”; e piena fiducia al “calunniatore” Marroni. Un capolavoro. D’ambiguità.

Si può uscire, caro Mattarella, da quest’ipocrisia che ammorba il Paese? Da quest’impunità castale? Leggo su Repubblica: “‘Quando il popolo si desta / Dio si mette alla sua testa’. Era una canzone del Risorgimento. Il popolo aveva in quel caso un programma costruttivo.” Oggi No? Chi l’ha detto. Ci sono programmi e idee (il reddito di cittadinanza, copiato da tutti) nel movimento popolare: nonostante gli errori, incarna “il popolo che si desta”. Bisogna dire popolo, non populismo. L’impressione è che lo spauracchio del populismo serva ad altro: l’ha spiegato Barbara Spinelli: “L’accusa di populismo giustifica ogni sorta di malefatta, e in primis la sospensione della democrazia costituzionale”. Non va bene. La società civile non sopporta più. Rinascere dipende anche da Lei, Presidente. Un tempo le Sue idee erano chiare: “Sarebbe aberrante un parlamentare inamovibile qualunque reato abbia potuto commettere”. La stimo. Ricordi, con atto fermo e autorevole – ai politici – che la legge è uguale per tutti.

Con infinito rispetto, Piero Calamandrei