Cronaca

Droga e violenza prima delle partite, arresti tra gli ultras dell’Atalanta

Cento agenti di polizia, Squadra Mobile e Sco, questa mattina ha eseguito 26 misure cautelari: 11 le persone finite in carcere. Gli indagati, in totale 41, spacciavano cocaina, marijuana e hashish tra i tifosi, ma non solo. Tra loro anche un 73enne e un 63enne e due stranieri, un serbo e un albanese. Tra i reati contestati a vario titolo c'è anche l'estorsione, la rapina e la resistenza a pubblico ufficiale

I lacrimogeni, gli scontri, le cariche della polizia. Era il 16 gennaio dell’anno scorso quando dopo la partita tra Atalanta e Inter ci fu il caos a Bergamo. Le indagini anche su quell’episodio di violenza urbana si sono intrecciate con quelle di un’altra inchiesta avviata mesi prima e hanno portato oggi a un’operazione contro gli ultras dell’Atalanta, italiani e stranieri, ma anche spacciatori e violenti. (Foto di archivio)

Cento agenti di polizia, Squadra Mobile e Sco, questa mattina ha eseguito 26 misure cautelari: 11 le persone finite in carcere. Gli indagati, in totale 41, spacciavano cocaina, marijuana e hashish tra i tifosi, ma non solo. Tra loro anche un 73enne e un 63enne e due stranieri, un serbo e un albanese. Tra i reati contestati a vario titolo c’è anche l’estorsione, la rapina e la resistenza a pubblico ufficiale. Sette gli arresti domiciliari, tre obblighi di dimora e cinque obblighi di presentazione alla polizia giudiziaria. A questi si aggiungono altri 14 indagati a piede libero. Infine 30 i destinatari di Daspo e 10 provvedimenti di sospensione della licenza nei confronti di altrettanti gestori di esercizi commerciali bergamaschi. 

Dalle indagini è emerso che il gruppo, in prevalenza ultras nerazzurri, prima di assistere alla partita, acquistava e assumeva cocaina anche dentro lo stadio, incappucciandosi poi per compiere azioni violente. Come era successo appunto nel gennaio del 2016, nel centro di Bergamo, dopo la partita contro la squadra di Milano. L’operazione, chiamata “Mai una gioia”, prende il nome dallo slang e dal linguaggio in codice tipico usato dagli arrestati, i quali erano soliti ripetere come un mantra la frase, riportata anche in uno striscione in curva. Tra gli indagati per il solo reato di spaccio c’è anche il figlio del procuratore di Brescia. Secondo la ricostruzione degli investigatori, lo spaccio avveniva prevalentemente in due bar poco lontani dallo stadio di Bergamo. I tifosi vendevano e consumavano la droga per “caricarsi” in vista della partita o prima degli scontri con le forze dell’ordine. Lo spaccio riguardava soprattutto la cocaina, ma nel corso dell’operazione sono stati sequestrati anche 10 chili di marjiuana e 4 chili di hashish. Gli investigatori hanno documentato, con centinaia di ore di intercettazione e immagini di telecamere nascoste, un vorticoso giro di denaro. Registrata anche la violenza di una rapina ai danni di un corriere di droga preso “a sprangate” e diverse estorsioni nei confronti di tossicodipendenti “insolventi” nel pagamento delle dosi.

“L’indagine ha evidenziato un’attività sistemica di spaccio da parte degli ultras nei confronti dei supporter”dice il direttore del Servizio Centrale Operativo della polizia, Alessandro Giuliano. Le indagini, ha spiegato Giuliano, durate quattro-cinque mesi, “hanno permesso di documentare grazie ai sistemi di videosorveglianza e alle intercettazioni lo spaccio da parte degli ultras in un bar adiacente lo stadio”. La cocaina non solo veniva venduta ma anche consumata nei bagni del bar e in alcuni casi anche nello stadio. Gli investigatori della polizia hanno anche documentato una serie di rapine, estorsioni e violenze nei confronti dei consumatori di droga e “osservato – dice Giuliano – che alcuni degli indagati erano stabili consumatori di cocaina subito prima dell’inizio dei match degli orobici”. Al momento non sono emersi contatti tra i tifosi arrestati e altre tifoserie organizzate.